La domanda nasce spontanea: cosa avrebbe spinto Moratti a studiare un piano per riprendersi l’Inter? In realtà il nuovo ruolo assunto, che tradotto significa, quello che partecipa, ma non decide, non gli si addice. In questi 18 mesi si sta sforzando di esercitare una carica che non riesce a sopportare, in quanto per 18 anni è sempre strato abituato a decidere in prima persona. La sua speranza era che nel tempo la globalizzazione rialzasse le sorti di un club a cui lui ha dato anima e denaro, anche se in alcuni settori strategici - il commerciale su tutti - non aveva saputo (per sua stessa ammissione) sviluppare una struttura adeguata al mondo che cambia.
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GdS- Moratti non sopporta il suo ruolo e non vede una grande Inter. Sperava che…
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Ma non solo; in cuor suo ha sempre sperato che la nuova proprietà, oltre allo sviluppo del marchio e al merchandising, trovasse anche le risorse di fare una grande squadra e tenesse sempre presente il suo mantra: l’Inter è dei tifosi. Si augurava anche una maggiore vicinanza e proprio questo è quello che lo ha fatto riflettere.
Soprattutto negli ultimi giorni. Perché di fatto al capezzale di un malato grave come si è rivelata sabato la squadra non c’era (quasi) nessuno, con Thohir che non potrà essere a Milano prima del 19 aprile (giorno del derby) e il management straniero che per diversi motivi non ha la passione che avevano Moratti e alcuni suoi uomini. E su questi tasti hanno battuto nelle ultime settimane le persone sempre fedeli al motto «l’Inter agli interisti».
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