Intervistato dal Corriere dello Sport, il presidente della Figc, Gabriele Gravina, affronta alcuni temi caldi come la presenza dei tifosi allo stadio e i playoff.
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Gravina: “Inter-Milan con i tifosi? Ho fiducia. Sto lavorando a un campionato diviso in 3 fasi”
Le parole del presidente della Figc
Veniamo al ritorno dei tifosi sugli spalti. Perché, secondo lei, il calcio viene sempre dopo?
«Voglio fare autocritica. Dobbiamo riconquistare un ruolo sociale. Far comprendere ciò che rappresentiamo, in senso economico, civile, valoriale. Finora a rappresentarci sono stati i nostri difetti e le nostre criticità. Il risultato ottenuto riaprendo il campionato a giugno, senza contraccolpi epidemiologici, è un grande punto a nostro vantaggio. Per quello di buono che abbiamo fatto, ora possiamo concorrere alla pari con altre organizzazioni sociali ed economiche al rilancio del Paese».
Ma così non è. Perché le arene si sono aperte, i cinema pure, gli stadi no. C’è un pregiudizio?
«Non so se è un pregiudizio. Ma certamente qualcuno fa fatica a comprendere quale rigore, quale qualità, quale responsabilità il calcio è in grado di mettere in gioco. Ci è stato detto che bisognava aspettare la riapertura delle scuole, adesso spero che i riscontri positivi ci consentano di parlare di riaprire gli spalti. Certo, mi dispiace che ancora una volta l’Italia vada a rimorchio di esempi che arrivano da altri paesi, come la Germania».
Lei crede che il premier Conte manterrà le promesse? Che il 17 ottobre vedremo Inter-Milan con il pubblico?
«Ho molta fiducia nel premier, che ho incontrato con grande piacere. E ho fiducia nei ministri della Salute e dello Sport. Ma la fiducia richiede risposte in tempi brevi. Perché c’è un protocollo di grande qualità, e ci sono tutte le condizioni per una riapertura parziale».
Bastano i play-off per rendere contendibile lo scudetto? O bisogna rivedere anche l’equilibrio tra campionati nazionali e competizioni europee?
«A me pare che le gare internazionali stiano crescendo di anno in anno. Noi invece non riusciamo a cambiare al nostro interno. Si teme che i play-off penalizzino le società che sono abituate a vincere e che investono di più».
Non è così?
«No, se se costruisci un campionato che affascina ogni giorno. Il nostro rischia di perdere pubblico, se in alcune fasi non è più decisivo per squadre che hanno già acquisito un risultato di retrocessione o di salvezza, o di piazzamento. E a quel punto non vale più chi vince o chi perde. Ma uno sport dove non si vince e non si perde non ha senso. Sto lavorando a un campionato diviso in tre fasi, con una final eight per assegnare il titolo».
(Corriere dello Sport)
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