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Inter: ecco Emre Mor. Mancino naturale con il dribbling nel sangue. Terim nella Turchia…

L'Inter, ha bruciato la concorrenza di Roma e Fiorentina e, di fatto, ha in pugno Emre Mor

Riccardo Fusato

L'Inter, ha bruciato la concorrenza di Roma e Fiorentina e, di fatto, ha in pugno Emre Mor. A gennaio, quando per la prima volta si è parlato di un suo possibile addio, dal Borussia ha detto: «Voglio lasciare Dortmund da superstar del calcio. È ancora presto, ma il mio sogno è arrivare al Real Madrid. Sappiate che io punto molto, molto in alto». Dal Dortmund all’Inter non abbassa le proprie ambizioni, solo il luogo nel quale cullarle. Deve però imparare a sostenere meglio la pressione: quando si è scontrato con la qualità del campionato tedesco e ha capito che non sarebbe stato facile imporsi, si è innervosito. Troppo spesso ha abboccato alle provocazioni degli avversari: contro l’Hertha Berlino è perfino stato espulso per uno spintone plateale a Langkamp. Da quel momento il turco ha trovato sempre meno spazio (12 presenze in Bundesliga), ma nessuno ha mai dubitato di lui e del suo talento.  Mancino naturale, preferisce giocare come esterno destro d’attacco per rientrare e calciare in porta. Il suo punto forte sono i dribbling, agevolato in questo dal baricentro basso (è alto 1,68 e in Turchia lo paragonano a Messi). Un anno fa ha anche partecipato all’Europeo, benché sembrasse scontato che Terim lo tagliasse. Emre è infatti nato e cresciuto in Danimarca e non parla turco (il padre è turco ma la madre è macedone). L’idea dell’Imperatore era quella di farlo entrare lentamente nel giro della nazionale, per farlo ambientare pian piano. Poi però lo fece esordire contro il Montenegro, nell’ultima gara prima di partire per la Francia e cambiò idea. In pochi minuti Mor aveva saltato più e più volte i difensori avversari, strappando applausi al pubblico. «Beh, lo avete visto – commentò Terim –. È difficile lasciare a casa uno così». In Danimarca la pensano allo stesso modo, al punto che quando Emre scelse la nazionale turca, dopo aver giocato per anni con le rappresentative giovanili danesi, si parlò di «tragedia». Oggi a Dortmund non si disperano per la sua molto probabile partenza, ma se dovesse esplodere definitivamente si potrebbero risentire gli stessi urlacci che rimbombavano nel centro sportivo del Borussia lo scorso 9 marzo. Urla che questa volta non sarebbero rivolte a Mor, ma a chi non è riuscito a valorizzarlo.

(Gazzetta dello Sport)

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