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Klinsmann: “Liverpool umano, l’Inter può farcela. Barella mi ricorda Matthaus, Lautaro…”

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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex Inter Jurgen Klinsmann ha parlato così nel giorno di Liverpool-Inter

Matteo Pifferi

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex Inter Jurgen Klinsmann ha parlato così nel giorno di Liverpool-Inter.

Allora Klinsmann, c’è davvero qualche chance ad Anfield?

«C’è sempre possibilità, in 90’ succedono cose inimmaginabili. Anche se il Liverpool è eccezionale, è fatto di uomini. E l’Inter è nella migliore condizione per provarci: non ha nulla da perdere. Magari segna nel primo tempo, cresce la fiducia e poi chissà...».

Ma che cosa ci ha insegnato l’andata a San Siro?

«Che vinci con i dettagli: all’Inter è mancato solo il gol. Ma se rispetto all’andata la palla stavolta entrasse... Però, anche se l’Inter dovesse essere eliminata, sarebbe il “come” a fare la differenza. Il modo in cui affronti il Liverpool segnerà anche il finale di stagione: serve una partita da leoni, coraggiosa, che dia entusiasmo per battere le avversarie in Serie A».

Che immagine ricorda della rimonta all’Aston Villa?

«Se chiudo gli occhi rivedo ancora San Siro pieno di cartoncini nella coreografia. Io ho segnato cadendo dopo una battaglia coi centrali, poi gol di Berti e Bianchi. Ricordo l’energia di Trapattoni, che sapeva parlare al cuore, ti faceva credere di essere speciale: alla fine vincemmo la Coppa. Quella stessa capacità di comunicare che aveva il Trap la vedo in Klopp: il segreto di Jurgen è la semplicità, è una cosa sola con i suoi».

Pure in Simone Inzaghi vede qualcosa del tecnico tedesco?

«La passione in panchina, l’entusiasmo. È avviato sulla strada giusta, quella per diventare un allenatore top in tutta Europa».

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Com’è la Serie A vista dall’America?

«Divertente dopo tanto tempo! Può succedere di tutto, non è solo un testa a testa tra le milanesi perché il Napoli è lì e la Juve zitta zitta risale. Soffermandoci sull’Inter: è normale avere momenti duri, anche lunghi, ma è tornata in sé».

Ma come ha fatto la sua Inter a rimettere in discussione un campionato che aveva in mano?

«Grazie alla bravura di tutti, la squadra è riuscita a ritardare gli effetti delle cessioni estive: aver perso Lukaku e Hakimi non poteva non lasciare un segno. Anche se Dzeko e Dumfries stanno facendo bene, l’assenza di quei due sul lungo periodo si è sentita».

Con la goleada alla Salernitana è finito l’SOS attacco?

«Ma non c’è mai stato un SOS o un vero problema. Chi è stato attaccante lo sa: cresce la frustrazione quando la palla non entra. Ma non è mai stata solo una questione offensiva, perché la squadra forse non accompagnava più come prima. Tornati tutti al top, tornano pure i gol».

Si sarà sbloccato in A, ma Lautaro non segna in Champions da una vita: come lo vede adesso?

«Mi intriga la sua crescita. E penso che il prossimo passo sarà la consacrazione internazionale: anche in Qatar ha chance di vincere con l’Argentina. Accanto a lui, Dzeko non invecchia mai: a 35 anni è sempre uno che pensa agli altri e non solo a se stesso».

Ma per lei Dzeko e Lautaro sono una coppia bene assortita?

«Innanzitutto, sono una coppia e non è banale: non sopporto la moda di giocare con una punta. Io a Milano avevo accanto Serena, a Monaco Rizzitelli, al Tottenham Sheringham, in nazionale Voeller: non c’è niente di più affascinante di due attaccanti che si sacrificano l’uno per l’altro. Dzeko e Lautaro sono una vera coppia: la compatibilità si trova giocando».

Tra i due chi è più simile a lei?

«Prendi Lautaro, lo mescoli con Dzeko e fai un... Klinsmann: diciamo che sto a metà. A proposito di somiglianze, questo Barella così completo e vitale mi ricorda davvero Lothar Matthaeus : so che è un gran complimento per lui, ma se lo merita. Se devo trovargli un difetto, direi che a volte il ragazzo fa troppo: rallentare ogni tanto può aiutare».

C’è un nuovo esterno sinistro tedesco all’Inter e lì è stato immediato il parallelo con Brehme.

«Gosens farà benissimo: è sveglio, intelligente, umile. L’Inter ha fatto un acquisto logico, ma niente paragoni: Andy è unico. Dove lo trovate uno che è in un Mondiale tira un rigore col sinistro e 4 anni dopo, in finale, ne tira uno col destro? Ancora oggi scherziamo sui suoi gol a Messico 86 e Italia 90».

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