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La Stampa – Juve a Milano per la rivincita, ma il passato non conta…

La rivalità tra Juve e Inter dev’essere davvero tornata sul prato, se finalmente ci si rinfaccia l’ultima partita, e non più scudetti, confiscati o meritati, sul campo o a tavolino. Non che lamemoria sia cancellata, anzi quella dei...

Francesco Parrone

La rivalità tra Juve Inter dev’essere davvero tornata sul prato, se finalmente ci si rinfaccia l’ultima partita, e non più scudetti, confiscati o meritati, sul campo o a tavolino. Non che lamemoria sia cancellata, anzi quella dei tifosi è incisa su solidi hard disk, ma l’aria è che domani a San Siro ci si sfidi pensando alle reciproche classifiche e all’incrocio dell’andata, 1-3 allo Juventus Stadium: la fine dell’imbattibilità bianconera, che poi ubriacò l’Inter.

«Vogliamo vendicarci», diceva l’altro ieri, sportivamente, Claudio Marchisio, e come lui la pensano tutti. Solo dopo, verrà iltempo della Champions League, tre giorni più tardi, a Monaco. Ci sono parole che non si dimenticano, a casa Juve: per esempio quelle di Andrea Stramaccioni, subito dopo la vittoria: «Ho sentito con le mie orecchie che lui ironizzava sul tridente - disse il tecnico riferito a Beppe Marotta - ma loro sono così. Non mi è piaciuta questa ironia, sono curioso di sentire come Marotta commenta adesso». E ancora: «È fastidioso sentire alcuni dirigenti della Juve fare commenti ironici sulla spensieratezza tattica dell’Inter. Ci vuole rispetto».

Il sommo affronto dell’ad juventino, prima della partita, era stato quello di sfogliare male il vocabolario, a voler essere fiscali: avendo parlato della «spensieratezza tattica di Stramaccioni». L’allenatore nerazzurro se l’era evidentemente legata al dito: anche a Torino. Se non altro, si parla di assetti, gol, fuorigiochi, più che di intercettazioni o prescrizioni. Dunque, testa a San Siro, come conferma Mirko Vucinic: «Giochiamo contro l’Inter, e il nome dell’avversario dice tutto. È una squadra forte e non credo a chi dice che sia in difficoltà».

L’Europa può attendere: «Dobbiamo concentrarci solo sulla gara con l’Inter, affrontandola come se fosse l’ultima partita della vita, ma non sarà un problema. Abbiamo questa mentalità, ce l’ha data il mister». Partita dopo partita, è stata uno dei primi comandamenti di Antonio Conte, cui hanno fatto seguito le decisioni. Di norma, «gioca chi è più in forma», per comporre sempre «la squadra migliore». Lo racconta bene anche la telemetria del turnover applicato alle partite prima e dopo le sfide di Champions League.

Al massimo, il tecnico bianconero ha cambiato sette pezzi, ma dopo la gara con i danesi del Nordsjaelland. Quando invece il campionato affiancava incroci pericolosi alla Champions, la Juve ha cambiato pochino: due tra Roma Shakhtar, idem giocatori tra Chelsea e Milan. Tre tra Fiorentina e l’andata degli ottavi, a Celtic Park. Difficile che Conte cambi la miscela ora. Tutt’al più è ipotizzabile un paio di cambi, per mera tenuta fisica o precauzione.

Come nel caso di Chiellini, che da un paio di giorni pare aggiustato alle caviglie, ma che difficilmente verrà rischiato a San Siro. Nel caso, con Caceres ancora fuori uso, dietro andrebbe Peluso. L’altro settore dove si potrebbe metter mano è la coppia d’attacco, ma questo fa parte del protocollo: solo cinque volte su 16 Conte ha confermato lo stesso binomio offensivo, valicando le frontiere, Italia-Europa, e viceversa. Per il resto, contro l’Inter sarà la migliore delle Juve possibili: con il testa il campionato e non la Champions. Ma non per questo, spensierata.