Con la tolleranza zero c’è poco da scherzare. Dopo la Lazio, lo impara anche l’Inter, punita con la chiusura della propriaCurva per dei «buu» nei confronti di Asamoah e Pogba durante la sfida con la Juventus di sabato scorso. Per questo, ilsecondo anello verde di San Siro rimarrà senza spettatori nerazzurri per Inter-Fiorentina del 26 settembre prossimo.Il tutto nonostante gli ultrà si difendano, come nel caso di Franco Caravita, leader storico della Nord, che a Panorama.it ha dichiarato: «Non mi sono accorto di nessun coro, c’è stata una bolgia assurda dal primo all’ultimo minuto. Razzismo? Ma quale razzismo? Tante curve fanno i «buu» razzisti per lanciare un messaggio, per farsi riconoscere. Non è il nostro caso, allo stadio e in curva Nord abbiamo anche un sacco di ragazzi di colore con cui facciamo anche le trasferte. Questa polemica e questa decisione non hanno senso d'esistere». Come se non bastasse, la società milanese si è vista anche comminare una multa di 15mila euro per «avere indirizzato reiteratamente un fascio di luce-laser verso l’arbitro ed in calciatori della squadra avversaria e per avere, nel corso dell’intervallo, esposto uno striscione dal contenuto insultante nei confronti dell’allenatore della squadra avversaria (Conte, ndr)», come si legge nel comunicato pubblicato ieri da parte della giustizia sportiva.
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I nerazzurri, come dicevamo, sono il secondo club dopo la Lazio ad essere puniti con la chiusura di un settore dello stadio. Tutto grazie al nuovo progetto di tolleranza zero imposto in estate dalla Uefa alle federazioni associate. In sostanza, si tratta di una modifica al regolamento già esistente in tema di sanzioni per le discriminazioni razziali: si è passati cioè da cinque a dieci giornate di squalifica per i calciatori colpevoli (già accaduto, vedasi caso di Gaetano Iannini, giocatore del Matera, in serie D, fermato appunto per 10 turni dopo un insulto ad un avversario di colore); per i dirigenti si arriva fino a quattro mesi di stop; infine per le società, già alla prima violazione, viene chiuso il settore dello stadio in cui sono stati individuati i colpevoli e, in caso di seconda sanzione, con la disputa di una gara a porte chiuse. Questo vuol dire che non esiste più nessuna attenuante per i club, che vengono subito puniti, mentre in precedenza le società potevano non rispondere del comportamento dei loro sostenitori in presenza di «prevenzione, cooperazione con le forze dell’ordine, azione per far rimuovere i comportamenti discriminatori e dissociazione da parte del resto del pubblico», come scritto sul codice di giustizia sportiva.
Una regola particolarmente punitiva nei confronti del club, che in determinati casi possono far poco o nulla per evitareche dalle proprie curve partano dei «buu» razzisti. Senza considerare il fatto che è complicato delimitare i cori di discriminazione ad un determinato settore dello stadio. Ma, c’è da dire, che fino adesso è stata applicata coerentemente: i primi due casi sono stati quelli di Lazio e Inter, ed entrambe le società hanno avuto la stessa punizione (nulla a che vedere quindi con le multe da 30mila euro inflitte a Juventus e Sassuolo durante il Trofeo Tim, visto che era un episodio precedente all’entrata in vigore del nuovo regolamento). E non saranno certo gli ultimi due casi in questa stagione: forse è meglio abituarsi a vedere le curve senza tifosi.
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