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Mancini vs Sarri come “il Papa e l’Imperatore”: complicato schierarsi, ma…

Sfida nella sfida quella tra Napoli e Inter. Due club con ambizioni altissime e due tecnici alla guida profondamente diversi che – a modo loro – hanno stregato piazza e società utilizzando armi differenti. Il Mancio (il secondo...

Giovanni Montopoli

Sfida nella sfida quella tra Napoli e Inter. Due club con ambizioni altissime e due tecnici alla guida profondamente diversi che - a modo loro - hanno stregato piazza e società utilizzando armi differenti.

Il Mancio (il secondo Mancio) porta a casa il risultato fondando la sua Inter su quell'imbattibilità difensiva che sta diventando il marchio di fabbrica dopo la fragilità ostentata durante le gestione MAzzarri. Il secondo, entranto in punta di piedi tra lo scetticismo generale, che dopo l'avvio stentato, ha messo in riga l'ambente partenopeo che oramai pende dalle sue labbra.

Complesse diversità - come sottolinea De Carli dalle colonne de Il Giornale - che non sempre identificano tecnico e squadra. 

"Stiamo montando una sfida fra mondi contrapposti, per fortuna si parla solo di calcio. Napoli-Inter come il Papa e l’Imperatore, assegnare poi sotto quale bandiera siano schierati resta complicato, come rifarsi ai due capitani, Sarri e Mancini, uno arriva dal basso, l’altro invece ha frequentato solo l’alto. Questa però non è una differenza, è solo un modo diverso per entrare in un ambiente sclerato, dove non viene perdonato niente, i primi a saltare, i primi a diventare gli ultimi quando le cose funzionano e il merito finisce ad altri. Ma siccome il Napoli gioca bene e l’Inter gioca male, ecco che parte la giostra. Sarri li fa giocare, diverte e segna su qualunque campo, Mancini li fa vincere e basta, per la maggioranza è troppo poco, ma li ha battuti solo la Fiorentina in una serata storica [...] Forse la naturale simpatia per Sarri arriva proprio dalle origini identiche dei due, modesti o modestissimi calciatori. Sarri ha confessato di averci provato a giocare ma poi ha scelto un lavoro, quello di allenatore, che avrebbe fatto anche gratis. Poi Stia, Faellese, Cavriglia, Antella, Valdema, Tegoleto, Sansovino, Sangiovannese, insomma un bel mazzo, un bagno negli angoli del football nei quali il Mancio non ha mai immerso neppure l’alluce del suo piede sinistro. [...] Il Mancio invece è cresciuto nella bambagia, in serie A quando ancora leggeva i fumetti, e da allenatore peggio, mai su una panchina, sempre in poltrona, altra postura, presenza di rilievo, sorriso, tanti soldi da tanto tempo. Uno, il primo, cerca il riscatto e un posto nel football attraverso qualcosa di speciale, qualcosa che non lo scaraventi nell’oblio in fretta. L’altro c’è abituato, s’è fatto un’idea diversa, li cerca stazzati e li fa correre dietro all’avversario, quello che da giocatore lui non ha mai fatto, e in fin dei conti c’è più umiltà nella sua Inter. Si sono invertiti i ruoli, ognuno sta provando quello che l’altro ha già provato. Se sono così diversi, si stanno omologando".