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Mazzola, 72 anni e una sola maglia: “L’Inter la mia vita, l’ho detto a ET. Ci sarò…”

Nel giorno del suo 72esimo compleanno, tra aneddoti unici, eterni ricordi e sorrisi felici, Sandro Mazzola si è concesso in un’intervista esclusiva al sito gianlucadimarzio.com. L’indimenticato centrocampista della Grande Inter,...

Dario Di Noi

Nel giorno del suo 72esimo compleanno, tra aneddoti unici, eterni ricordi e sorrisi felici, Sandro Mazzola si è concesso in un'intervista esclusiva al sito gianlucadimarzio.com. L'indimenticato centrocampista della Grande Inter, targata Helenio Herrera e Angelo Moratti, festeggia gli anni raccontando il suo legame (presente e passato) con la società di cui ha sempre fatto parte, come un pezzo di storia che mai potrà essere cancellato.

Ecco le sue parole, aperte da una semplice battuta, tipica e naturale per il suo personaggio: “No, non sono 72 anni. Sono 27 hai sbagliato. Vuoi che ti mandi una foto della carta d’identità?". Comincia poi l'intervista, e Sandro Mazzola comincia a parlare dei suoi ricordi più belli: "Sai, a me non piace molto guardare al passato. In questi giorni, però, è facile andare a vedere il video della finale di Coppa dei Campioni del 1964. Guardo Di Stefano e non mi sembra vero di aver giocato contro il mio idolo da ragazzo. Ecco, quello è il ricordo più bello che ho. Quel giorno, prima della finale, stavamo per entrare in campo. A un certo punto me lo sono trovato di fronte e non credevo ai miei occhi. Allora, il mio compagno Luis Suarez, che aveva qualche anno in più di me e che aveva già fatto delle finali, mi mise una mano sulla spalla e mi disse: 'Senti un po’, noi andiamo a fare la finale, tu rimani qui a guardare Alfredo?'.  Mi feci coraggio ed entrai in campo“.

Non solo Di Stefano e il Real Madrid: indimenticabile resta anche il giorno del suo esordio, in quella gara con la Juventus (finita 9-1) giocata dai "ragazzini" per protesta. Unica rete nerazzurra proprio del giovane Mazzola: “Quella partita venne rinviata e doveva essere giocata di sabato. Io andavo ancora a scuola… E non molto bene. Tornai a casa felice per dire a mia madre che avrei giocato di lì a poco contro la Juventus. Lei, senza fare una piega, mi disse: “No, no. Tu vai a scuola”.  Andai a raccontare il tutto ad Allodi, l’allora direttore sportivo dell’Inter, che chiamò il preside della mia scuola. Fu così che arrivai in taxi al campo poco prima della partita. Scendere in campo contro Charles e Boniperti mi fece tremare le gambe. Quando mi presentai davanti al portiere avversario, cercai di non far trasparire l’emozione e di non fargli capire dove avrei tirato“.

Una vita con l'Inter, senza mai alcun rimpianto, "perchè quando nessuno credeva nelle mie possibilità solo perché ero il figlio di Valentino, l’Inter me la diede. C’è stato un periodo in cui la squadra non andava troppo bene, e mi cercò il Torino. Per riproporre il nome Mazzola con la maglia del Toro: ma ho sempre rifiutato. Ho avuto sempre una maglia sola, non potevo indossarne un’altra”.

A seguire, un pensiero sull'Inter di Erick Thohir e un ricordo su quella di Angelo Moratti, il suo presidente: "Contatti con Thohir? Sì, ho avuto dei contatti con Thohir qualche mese fa, è stato molto simpatico. Mi ha chiesto se fossi disponibile per un eventuale ruolo in società. Gli ho risposto che l’Inter è la mia vita e che io per questa società ci sarò sempre. Magari per andare in giro per il mondo per rappresentare il club. Per me non ci sono problemi. Angelo Moratti? Lui era una persona eccezionale. Era venuto a Bologna a vedere una partita del campionato riserve. Avevo fatto un gran gol e lui mi volle in prima squadra. A quell’epoca guadagnavo 60.000 lire al mese e avevo pochi soldi. Mi chiamò il giorno prima la segretaria e mi fissò un appuntamento. Andai lì dal Presidente e mi chiese quanto volevo per il mio nuovo contratto. Alla fine, mi fece firmare per 13 milioni di lire all’anno e mi pagò anche 7 milioni per le partite dell’anno precedente. Quando andai a casa mia madre pensava avessi capito male“.