L’arrivo dello svizzero Xherdan Shaqiri rappresenta una svolta strategica nella sofferta stagione interista, come rileva Fabio Monti sul Corriere della Sera: «Non solo perché consente al tecnico di avere il secondo attaccante esterno, dopo il prestito di Podolski, ma perché conferma la volontà di investire da parte del club, dopo l’ingaggio di Mancini; due novità da aggiungere a Icardi e a Palacio, il più duttile del reparto, ma ancora alle prese con i problemi alla caviglia. Shaqiri ha 23 anni (10 ottobre 1991); è nato a Gnjilane, in Kosovo, ma a un anno di età la sua famiglia (quattro figli) di etnia albanese, si era trasferita in Svizzera, dove ha iniziato a giocare a calcio, prima nell’Augst e poi nel Basilea, dove a 19 anni è titolare, non come attaccante, ma come centrocampista esterno nel 4-4-2. Il 7 dicembre 2011, Shaqiri è uno dei protagonisti del 2-1 con il quale il club svizzero elimina dal girone di Champions League il Manchester United, che era stato finalista appena sei mesi prima. Suoi gli assist per i gol di Streller e Frei. A luglio 2012 viene acquistato dal Bayern Monaco e in Baviera vince tutto nel 2013. L’arrivo di Guardiola e la ricchezza della rosa del Bayern lo spingono spesso in panchina, situazione che Shaqiri non gradisce, perché a lui interessa giocare. Disputa un ottimo Mondiale con la Svizzera: tre gol all’Honduras, qualificazione agli ottavi, con eliminazione ai supplementari da parte dell’Argentina. Mancini lo ha voluto all’Inter perché è giovane, ma ha grande esperienza ad alto livello; perché ha margini di progresso interessanti; perché ha forza fisica e qualità tecniche notevoli. In Kosovo, Shaqiri torna due volte all’anno, perché «lì ho lasciato il 50% del mio cuore». È un simbolo di integrazione: è musulmano, ma festeggia anche il Natale.
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Monti (CorSera): «Inter, con Shaqiri svolta strategica. Lui è un simbolo di…»
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