Sulla Repubblica di oggi, Gianni Mura stigmatizza il comportamento di alcuni giocatori e dirigenti juventini nel post Juventus-Genoa e traccia un quadro complessivo della situazione italiana: «Qui non si tratta di reagire da lord inglesi, come ha detto Andrea Agnelli, ma di stabilire, ognuno nel suo campicello, di quanto ancora si vuole far crescere la tensione, e a quale scopo, e a vantaggio di chi. La sceneggiata finale di Conte, allenatore caldo e quindi più a rischio, ha contagiato perfino gli infortunati, come Chiellini, i panchinari come Storari, tutti a far mucchio intorno all’arbitro. Atteggiamenti che avranno conseguenze disciplinari, inevitabilmente, come le frasi geografiche, a freddo e forse più velenose, di Marotta. A un mese da Napoli-Juve non si sta preparando un bel clima. Ha replicato con molta franchezza De Sanctis: vergogna sì, non in partita ma subito dopo.Se la Juve non batte il Genoa in dieci nel finale è patetico dare tutta la colpa a Guida. Conte ritiene che l’arbitro abbia negato tre rigori alla Juve e uno al Genoa, cronologicamente il primo. L’ultimo era il più controverso anche perché alla volontarietà (esclusa) di Granqvist si contrappone la scompostezza dell’intervento (innegabile). Non è da escludere chenasca da questo confronto il «non me la sono sentita di darlo» che ha o avrebbe detto Guida. Quindi, se Conte ha ragione nella contabilità ha torto nella reazione. Ed è poi da dimostrare che, in una serata storta, un rigore lo segni di sicuro. Alla Juve mancano titolari di peso e manca il forte goleador. Striscione a Genova: «In questo calcio malato un vero signore se ne è andato» hanno scritto i tifosi doriani. Vero, Riccardo Garrone era un vero signore, uno che badava ai comportamenti suoi e dei suoi tesserati. Il discorso deve allargarsi a tutte le squadre, agli arbitri e a chi li valuta e consiglia, alla Lega e alla Figc. Non se ne può più di isterismi. Bravi Montella e Maran, che a Catania alla fine s’abbracciano dopo una partita bruciante per la Fiorentina, scavalcata in extremis. Ma in genere se vediamo gesti sportivi tra allenatori si tratta di un altro campionato, inglese o tedesco. A inizio stagione dai capi arbitrali arriva la solita canzone: saremo inflessibili. E, ormai allenati alle delusioni, aspettiamo l’inflessibilità come a teatro si aspetta Godot. A volte, inflessibilità per l’allenatore con una scarpa oltre la zona tecnica. La meno richiesta. Vorremmo vedere molta più inflessibilità per gli assembramenti urlanti, chi con l’arbitro chi col quarto uomo chi con quello dietro la porta chi col guardalinee. E non sempre per un rigore, a volte per una rimessa laterale. Ad ogni fischio segue una protesta, individuale o collettiva. Non se ne può più. Vorremmo vedere inflessibilità sugli abbracci in area, a costo di fischiare 5 o 6 rigori in 90’. Non succederebbe, perché i calciatori capirebbero che è cambiata la musica. Ma, prima, questa nuova, benedetta musica qualcuno dovrà pur cominciare a suonarla».
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Mura: «Juve, che atteggiamenti. È ora di finirla con gli isterismi»
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