Intervistato da Gazzetta.it, l'attaccante Stefano Okaka ha parlato della sua avventura in Turchia, ma anche del passaggio sfumato all'Inter:
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Okaka: “Era fatta per il passaggio al Milan. E anche con l’Inter quando c’era Mancini”
L'attaccante Stefano Okaka ha parlato della sua avventura in Turchia, ma anche del passaggio sfumato all'Inter
Prima il Belgio, poi l’Inghilterra, infine la Turchia: si ritiene più fortunato dei colleghi che, in carriera, sono sempre rimasti in Italia?
“Mi piace guardare il lato positivo. Ho conosciuto persone e culture tra loro differenti, ho imparato a relazionarmi con realtà diverse da quella in cui sono cresciuto e sono migliorato tanto, soprattutto sul piano umano. Troppo spesso, però, si è parlato di Okaka come un attaccante che segna soltanto all’estero. È fondamentale capire che, anche nel nostro mestiere, è impossibile superare, da soli, certi ostacoli”.
Anche in Italia, però, soprattutto durante le esperienze con Sampdoria e Udinese, ha avuto modo di mettersi in mostra, conquistando pure la Nazionale.
“Sì. Ma credo che avrei potuto raccogliere di più. In carriera ho perso tanti treni, quasi mai per colpa mia. Proprio con la Sampdoria ho giocato a livelli molto alti. Avevo 24 anni e mi sentivo pronto per il salto di qualità: nel 2015 era praticamente fatta per il mio passaggio al Milan ma alla fine presero Destro. E lo stesso è successo con l’Inter, quando c’era Mancini. Dopo l’esperienza da giovanissimo con la Roma, avrei potuto misurarmi con un’altra big. Invece, sono ripartito dall’Anderlecht. Un club prestigioso, ma in un campionato inferiore rispetto alla Serie A”.
A proposito di Mancini: dopo l’ottimo avvio con il Basaksehir, si aspettava una chiamata da parte del ct?
“Il mister mi aveva già convocato nel novembre 2020, poi un infortunio mi ha reso indisponibile per quattro mesi. È comprensibile fossi uscito dai radar del ct. Quando i media hanno cominciato a parlare di un possibile ritorno di Balotelli in azzurro, però, ho capito che le porte di Mancini sono aperte anche a chi gioca in un campionato meno noto della Serie A. Considerando quanto ho fatto in Turchia, ho sperato in una chiamata, specialmente in occasione dello stage di fine gennaio. Non è andata come mi aspettavo, continuerò a lavorare per far sì che il campo parli per me”.
Guardandosi indietro, ha qualche rimpianto?
“Assolutamente no. I miei sogni sono diventati realtà dieci anni fa. Ho esordito in Serie A, con la Nazionale, ho fatto gol con la Roma e ho regalato un futuro migliore alla mia famiglia. Una volta raggiunti questi traguardi, mi sono prefissato nuovi obiettivi per rimanere sempre sul pezzo. E poi, giocando a calcio, ho conosciuto persone straordinarie. Penso a Bruno Conti, che si prese cura di me e i miei fratelli, ma anche a Totti, De Rossi e Cassano. Nello spogliatoio ero seduto accanto a Francesco, sono ricordi indelebili”.
Fantantonio ha giocato un ruolo fondamentale nella sua carriera.
“Mi ha aiutato in un momento complicato, gliene sarò sempre grato. Ai tempi del Parma, la società aveva deciso di cedermi. Avevo discusso con i dirigenti, poi tornai nella mia stanza; qualcuno bussò alla porta, era Cassano. Mi chiese di spiegargli la situazione, decise di darmi una mano e, grazie al suo intervento, tornai ad allenarmi con la prima squadra. E’ stato uno step fondamentale, perché, tornato in campo, ho dato sempre il 100%. Ovviamente era un dovere, ma lo sentivo anche come una questione di rispetto nei confronti di Antonio. È stato un angelo custode, ancora oggi abbiamo un rapporto fraterno”.
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