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Pozzo: “Ripartenza? Trionfalismo fuori luogo per la Bundesliga. E per la Serie A…”

Il presidente dell'Udinese ha rilasciato un'intervista a Repubblica

Matteo Pifferi

Lunga intervista concessa dal patron dell'Udinese Giampaolo Pozzoin merito alla ripartenza della Serie A:

Giampaolo Pozzo, proprietario dell’Udinese dal 1986, decano della Serie A, perché non vuole ripartire a metà giugno?

«Perché bisogna usare il buon senso. Mi sembra assurdo incaponirsi su questa accelerazione. Io non dico che non si debba ricominciare il campionato, ma che lo si deve fare in sicurezza».

Ma la sicurezza non sarebbe garantita dall’ultimo protocollo medico sottoposto al governo?

«Il punto non è il protocollo in sé, ma il fatto che siamo quasi a fine maggio e che le forzature non servono a niente. Mi passi il paragone, ma è come se si volessero fare diventare di 12 ore le giornate, che ne hanno 24. Un calendario come quello ipotizzato non è applicabile: si rischiano soltanto infortuni a catena».

Non c’è alternativa: partendo anche solo una settimana dopo, non si potrebbe concludere il torneo entro il 2 agosto.

«Appunto. Bisogna trovare soluzioni diverse. Una può essere quella dei play-off e dei play-out. In ogni caso l’Uefa aveva indicato il 2 agosto come data limite per potere giocare le coppe e si può anche ragionare con l’Uefa di questo».

Non esiste almeno in Italia un rischio aggiuntivo, cioè che, per salvare questa stagione, si comprometta anche la prossima?

«Io sono di questo parere: per finire questa, facciamo tutti i compromessi possibili, a cominciare dalle porte chiuse. Ma non mettiamo a repentaglio il resto. E se la prossima stagione non si potrà giocare con gli stadi aperti, lasciamo perdere. Facciamo come in guerra: si fa l’armistizio e poi si riparte quando si può. Abbiamo già aspettato oltre due mesi, non saranno due mesi in più a cambiare la sostanza».

La sua famiglia controlla anche il Watford: la Premier League rischia di sforare i tempi?

«Se ne sta parlando, la fase è quella di studio. Ci sono interessi economici e c’è la paura di comprometterli. Dall’altro lato c’è l’evidenza della pandemia. I morti purtroppo non sono uno scherzo e in Inghilterra l’emergenza sanitaria è ancora nel pieno. Mi lasci aggiungere una cosa sulla Germania».

Prego.

«Il trionfalismo sulla Bundesliga mi pare fuori luogo. Gli stadi vuoti in diretta tv sono una tristezza e le scene dei calciatori frenati in tutto, a cominciare dalle manifestazioni di entusiasmo. La ripartenza è stata importante, per carità, ma è anche una forzatura. Si sono presi grandi responsabilità, lo può confermare anche il preparatore atletico più inesperto».

Sugli infortuni?

«Certo. Se la preparazione estiva, normalmente, è di un mese e mezzo di allenamenti intensi e di amichevoli, come si può pensare che i giocatori siano pronti a giocare partite ufficiali da metà giugno, per di più tre volte alla settimana, con due sole settimane di allenamenti veri, visto che per il momento siamo ancora alla gradualità? E che lo possano fare, a maggior ragione, dopo due mesi in cui sono stati fermi? Proprio la Bundesligane è la dimostrazione. I dati sono noti».

Quali sono?

«Sei infortuni nella prima giornata, oltre a quelli che altre squadre, come il Borussia Dortmund, avevano già accumulato durante l’inizio degli allenamenti. C’è anche un precedente vistoso: quando ci fu lo sciopero della Nfl, il campionato americano di football, e ai giocatori fu proibito di allenarsi, la percentuale di infortuni seri al rientro in attività fu altissima».

L’Udinese, con la sua lettera al ministro Spadafora, ha preso posizione anche sulle responsabilità legali per la ripresa?

«L’avevo detto a RadioRai e lo ripeto: medici sociali e dirigenti hanno responsabilità penali, ad esempio anche per i contagi indiretti. Siccome noi vogliamo rispettare la legge, vogliamo anche chiarezza. Vogliamo tornare a giocare, ma non a qualsiasi costo e non per forza subito. Cerchiamo anche altre soluzioni».