Il sindaco di Remanzacco gli ha consegnato la maglia numero 1 della Nazionale, al diavolo la scaramanzia. Walter Mazzarri, invece, dopo la notte stregata di San Siro, ha evocato il paranormale: «Ci sono cose che non dipendono più da noi, se la palla non entra». Si riferiva alle mani insuperabili di Simone Scuffet, diciott’anni da compiere il 31 maggio, il ragazzino che l’ha costretto a mangiarsi la bottiglietta d’acqua per la rabbia e che poi ha scambiato la maglia con Handanovic: «Lui a Udine mi ha insegnato tanto, è il mio punto di riferimento – spiega Scuffet -. Tutti mi hanno fatto i complimenti a San Siro, ma i suoi mi hanno fatto doppiamente piacere». La più bella novità del campionato è un predestinato sbucato dal vivaio dell’Udinese due mesi fa, una sera a Bologna. Brkic si arrende nel riscaldamento, Kelava è pronto, ma Guidolin indica il baby Scuffet.
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Repubblica – Imbattibile Scuffet, il portiere bambino che fa miracoli a San Siro…
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Anche Buffon, alla stessa età, scavalcò Bucci e Nista a Parma in un colpo solo. Spiega l’allenatore dei friulani: «Ho preso una decisione molto forte in una partita decisiva per la stagione e per la mia panchina, mi sono messo nelle mani di un ragazzo di 17 anni che però aveva già mostrato freddezza e qualità in allenamento. Ora il difficile è lasciarlo fuori». Quella sera, i signori Fabrizio e Donatella Scuffet guardano in salotto Udinese Channel, apprendono che giocherà il loro bimbo e corrono al pub, a vedere la partita con tutto il paese. Lui chiude imbattuto, va a far festa sotto i tifosi e dedica la vittoria al Friuli intero. Un senso d’appartenenza e una incredibile personalità che confermerà in ogni intervista, senza scomporsi per l’interesse della Roma e della Juventus. Sicuro del nuovo contratto quinquennale, maturo ai microfoni come fra i pali, a ogni domanda risponde spedito da attore consumato.
Il suo prof di ginnastica delle medie, Lucio Pasqualini, racconta: «Mi chiede consigli su come affrontare la tensione e comportarsi nelle interviste». Di sé, Simone dice: «Sono un ragazzo semplice, la mia forza è la famiglia. Credo in Dio, ma non sono praticante. Ho scelto il numero 22 perché mi porta fortuna». Più precoce di Buffon, Peruzzi e Zoff, è il secondo portiere più giovane ad avere debuttato in A dopo Pacchiarotti del Pescara. Figlio unico, fidanzato con Letizia, pallavolista, agli allenamenti parcheggia la minicar di fianco alla Bentley di Di Natale. Un marziano di semplicità, anche negli hobby. Il tamburello: con la scuola arrivò alla finali studentesche. O il biliardo, scoperto guardandolo in tv con papà Fabrizio, che fa il bidello ed era portiere all’Aurora Remanzacco, la squadra in cui portò Simone a sei anni (poi Moimacco, Donatello Calcio, Udinese). Simone non sta sempre su Twitter, ha un migliaio di seguaci (Balotelli due milioni): ma qui, giovedì sera, “Scuffet” era fra le dieci parole di tendenza in Italia, dietro la visita di Obama.
Dino Zoff l’ha promosso («Grande istinto, ora deve fare le cose semplici»), Marchegiani anche: «Colpisce per la serenità, se ha un’incertezza non si fa condizionare». Con l’U17, nel 2013, è arrivato secondo all’Europeo (parando due rigori in finale con la Russia) e agli ottavi nel Mondiale. Con Prandelli, lo stage all’Acqua Acetosa. Secondo il presidente dell’Udinese Soldati, «portarlo in Brasile lo aiuterebbe a crescere». Scuffet non si scompone: «Il Mondiale è un sogno, non un pensiero. Resto concentrato sul campionato, alla mia età ogni partita è un’emozione speciale».
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