Adesso sono proprio due fessurine,gli occhi di colui che chiamammo sciamano. Gli angoli all’ingiù, la mestizia che affiora, la rabbia dentro. Il non poter dire quello che pensa, qui e ora, della squadra e del club. È il giorno più buio, questo pomeriggio lattiginoso a Ferrara. Era stato lo sciamano per mesi, Luciano Spalletti. L’aveva ipnotizzato tutto, questo gruppo scombiccherato, gli aveva cambiato la testa, l’aveva portato al primo posto. Finalmente uno che non crollerà come i suoi predecessori, pensavamo, credevamo, dicevamo e scrivevamo. Invece ci siamo sbagliati tutti, Spalletti compreso, già ex sciamano. Nemmeno lui è il valore aggiunto, come annunciano quelle seccatrici delle statistiche: un anno fa alla 22ª l’Inter aveva appena 2 punti meno di questa, però era già al quarto allenatore.
ultimora
Repubblica – Mercato, Spalletti uomo in difficoltà e tradito. Tra Pastore e Ramire…
Suning non sta mantenendo le promesse fatte a Spalletti, il tecnico si sente tradito
Insomma siamo punto e daccapo. L’Inter che pareggia per la quarta volta di fila, che non vince da 9 gare e 57 giorni, che si fa recuperare dalla Spal al 90’ come a Firenze, è una squadra scoppiata, orribile a vedersi, senza anima e con un giropalla che stordisce, nel senso che crea sonnolenza in chi assiste. Spal-Inter è partita dai ritmi balneari e senza l’ardore di qualche entrata come si deve, nessun ammonito, 7 tiri in porta totali e la follia di una cinquantina di palle perse dai nerazzurri contro il catenaccione di Semplici, che ritarda l’ingresso degli attaccanti finché può, anche dopo lo 0-1 provocato da un’autorete assurda di Vicari, ma trova il pari al 90’ con Paloschi, e tanto gli basta. Secondo la Repubblical’Inter è ridiventata quella ben nota banda inaffidabile in cui ognuno va per conto suo, sembrano bugne difformi sparse a caso su una facciata in rovina. C’è quello che s’è innamorato e adesso ha occhi e testa solo per la sua bella, quello che si è disamorato ed è cupo, quello che ha la moglie dall’altra parte dell’oceano, quello che ha le gambe in croce da oltre un mese, quello che pensa al rinnovo, quello che l’ha ottenuto quindi ha smesso di desiderare, quello che cerca una squadra, quello che fra meno di cinque mesi ci sono i Mondiali, occhio. Ed è finita che si sono sfilacciati, poi sono crollati, come ogni anno. Spalletti sapeva di trovare un manipolo di inaffidabili storici e l’aveva fatto presente a giugno, quando gli confezionarono la beffa, anzi gliela cucirono addosso come un vestito di sartoria: certo signor Spalletti, fecero sapere da Nanchino, interverremo sul mercato, ovvio. Poi a luglio oplà, come nel gioco delle tre carte: carta perde, non possiamo più investire. Solo che nel frattempo il club si era impegnato a versare 24 milioni per Vecino e 26 per Dalbert, insomma buttava altri 50 milioni per non rafforzarsi. Adesso dicono a Spalletti che nemmeno a gennaio si può spendere.
Ramires serve all’Inter? Ma anche allo Jiangsu, rispondono dalla Cina, quindi lo Jiangsu per Suning è molto più importante dell’Inter, ma ormai a questo c’eravamo arrivati, fessi sì ma fino a un certo punto. Ci si deve industriare coi saldi (ieri esordio di Rafinha nel recupero) o pregando il Psg di lasciar venire Javier Pastore in prestito gratuito (l’accordo sull’ingaggio c’è, Pastore ha le valigie chiuse) ma entro il 30 giugno bisogna pure fare 70 milioni di plusvalenze. Spalletti ora è un uomo in difficoltà, si sente gabbato ma non può ammetterlo in pubblico. Si contenterà di Pastore, perché questo è un gregge che ha bisogno di una guida, ma gli farebbe ancor più comodo un regista. Che però è merce rara e costa assai. Arrangiatevi, è l’unico messaggio che arriva da Nanchino, mai così lontana come in questi giorni. Chissà se esiste per davvero.
(Fonte: Andrea Sorrentino, la Repubblica 29/1/18)
© RIPRODUZIONE RISERVATA