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Sacchi: “Alvarez sarebbe stato il mio centravanti ideale. Meglio di Lautaro, corre di più”

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Intervenuto da La Gazzetta dello Sport, l'ex ct ha parlato della finale del Mondiale e del giovane attaccante del City

Andrea Della Sala

Intervenuto da La Gazzetta dello Sport, l'ex ct Arrigo Sacchi ha parlato della finale del Mondiale e del giovane attaccante del City:

Sacchi, come ha visto la prima semifinale?

—  

«Ero seduto accanto a Wenger. Dopo mezz’ora abbiamo avuto la stessa impressione: come collettivo, molto meglio la Croazia. Vedere Modric è sempre un piacere. Mi ha sorpreso Kovacic. Però venivano da due supplementari. Con i recuperi moderni è come aver giocato una partita in più. Erano stanchi mentalmente prima che fisicamente. Non hanno saputo ripetere la partita perfetta giocata contro il Brasile. Hanno preso gol in contropiede. E’ mancato il tapon, come dicono gli spagnoli, lo scoglio davanti alla difesa».

L’Argentina?

—  

“Ha giocatori più esperti e di mentalità superiore, ma dipende molto da Messi che si fa ben volere. Non l’ho mai visto rimproverare un compagno».

Il giovane Alvarez?

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«Bravissimo e bravo Scaloni a lanciarlo, perché corre più di Lautaro. Dal momento che Messi non lo fa, serve qualcuno che corra il doppio, anche senza palla. Alvarez sarebbe stato il mio centravanti ideale».

Francia-Marocco?

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«Il Marocco ha avuto a lungo il dominio del gioco. La Francia ha subito. Lo aveva già fatto con l’Inghilterra che, nel secondo tempo è stata superiore, raddoppiava sempre sugli esterni. Ci ha messo altro spirito, altro ritmo, buona organizzazione. Se Kane non avesse sbagliato il rigore, non so come sarebbe andata a finire. Anche la Francia, pur avendo un collettivo leggermente superiore all’Argentina, cerca molto le giocate individuale di Mbappè».

Tante grandi hanno deluso.

—  

«Spagna e Brasile su tutte. La Spagna con un palleggio lento e verticale ha fatto quello che poteva per favorire le squadra chiuse. Non ha saputo rinnovarsi. Cosi come il Brasile fermo alle sue individualità tecniche. Il calcio va da un’altra parte, diventerà sempre di più un gioco di intelligenza collettiva. La Germania ha giocato benissimo nel primo tempo contro il Giappone, poi è sparita. Ho letto di tensioni interne. Non conosco l’ambiente per giudicare. So che io, quando formavo le squadre, sceglievo prima uomini affidabili, poi bravi giocatori».

Cosa avrebbe potuto fare l’Italia in un Mondiale senza squadra ingiocabili?

—  

«Il massimo. Dopo l’Europeo non siamo stati capaci di gestire la precarietà della vittoria. E’ un difetto dell’uomo che nasce perdente perché deve morire. La vittoria ci è estranea. Ma agli italiani, per ragioni storiche, è ancora più estranea».

 

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