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Sconcerti: «Thohir compra gli interisti. Strano e molto amaro»

Dalle pagine del Corriere della Sera Mario Sconcerti commenta la trattativa Moratti-Thohir: «La trattativa per l’Inter è di gran lunga l’affare più importante e il meno frequentato di questo mercato. Si è parlato molto di Belfodil e Isla,...

Lorenzo Roca

Dalle pagine del Corriere della Sera Mario Sconcerti commenta la trattativa Moratti-Thohir: «La trattativa per l’Inter è di gran lunga l’affare più importante e il meno frequentato di questo mercato. Si è parlato molto di Belfodil e Isla, con grande parsimonia del lungo addio della famiglia Moratti. In parte per l’importanza dell’affare, in altra molto più grande, per il bisogno di non urtare la «stabilità» dei tifosi. Non so perché Moratti venda, se venderà, so che gli dispiacerà certamente molto. Ha vissuto tutta la vita con questa identità sull’anima, fin da quando era solo il figlio di Angelo.Fare il presidente abitua a una popolarità abnorme, scorretta. Sei un piccolo papa che ogni giorno cammina dividendo le folle sui marciapiedi. Vivi in modo rapido, tutto è sempre disperatamente pieno o vuoto a seconda di dove va il pallone, non il mercato globale o la buona volontà dei tuoi sindacati interni.Solo il pallone. Moratti senza l’Inter tornerebbe un miliardario qualunque, senza un altro scopo che non sia quello di ricordare. Non c’è niente di inconsueto nel cedere un’azienda, nemmeno se il compratore è straniero. Magari davvero questo grande industriale indonesiano porterà soldi e idee nuove. Ma i problemi nel calcio sono di natura diversa da quelli di un’azienda che produce cose. Il calcio è una religione, l’Inter è una grande fede. Si possonovendere le religioni? Quanto è l’Inter che invade Thohir e quanto viceversa? Uno porta i soldi, l’altra porta merceche non è più acquistabile: un grande passato. Una religione non è un marchio, è un esercito sconfinato dipersone fedeli a quell’idea, comunque vada. È un popolo che pretende un dialogo continuo, quasi fisico, con il suo imprenditore. Vuole contare. Nessun’altra industria al mondo ha questa esigenza, questa «scomodità». Il primo esempio un po’ all’amatriciana è avvenuto a Roma con la Roma. Ma lì c’è almeno una grande banca italiana che ha il 40 per cento, c’è un azionariato diffuso in Borsa. E, per finire dei soci di Boston che sono tutti italoamericani,altra mentalità ma quasi stessa cultura. L’Inter di Thohir sarebbe un fatto completamente nuovo. Credo che il silenzio con cui è stata finora accolta l’idea di cedere sia dovuto proprio allo sgomento di questa novità, al vuoto che apre. C’è stato finora una specie di non voler sapere fino in fondo. Che significa dare qualcosa di nostro, diprivato, anzi di intimo, in mano a chi viene da lontanissimo e nemmeno sa chi siamo? Come maneggerà i nostri sentimenti? Come potremo rappresentarglieli? Il problema non è tecnico, arriveranno anche grandi giocatori, l’Intercertamente un giorno o l’altro tornerà a vincere. Ma non sarà fisicamente la stessa cosa. Chi leggerà gli striscioni della gente allo stadio? A che indirizzi dovranno essere mandati? La realtà è che Thohir non sta comprando l’Inter, sta soprattutto comprando tutti gli interisti. La loro possibilità di essere tifosi e non solo clienti, partecipanti, non solo ascoltatori. Forse andrà meglio, forse non c’è niente di diverso nemmeno in questo. Però è strano. E molto amaro».