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Severgnini: “Inzaghi, pessimo attore ma ottimo allenatore. Piace per 3 motivi”

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Il tecnico nerazzurro sta spazzando via tutti i dubbi che lo accompagnavano dal momento del suo arrivo a Milano

Fabio Alampi

Una Supercoppa Italiana già in bacheca, gli ottavi di Champions League dopo più di 10 anni di tentativi falliti, in piena corsa per scudetto e Coppa Italia: la prima stagione di Simone Inzaghi sulla panchina dell'Inter non si sta rivelando di certo fallimentare. Beppe Severgnini, noto tifoso nerazzurro, dalle colonne del Corriere della Sera ha voluto elogiare il tecnico piacentino: "Simone Inzaghi era sembrato a molti una scelta di ripiego. Una scelta intelligente, dettata dalla necessità. Non è andata così, ed è interessante capire perché. Esistono, probabilmente, tre motivi: uno psicologico, uno tecnico e uno cinematografico.

Prima spiegazione, psicologica. Il tonitruante Antonio Conte era quello che gli inglesi chiamano «a hard act to follow»: un’esibizione talmente efficace da mettere in difficoltà chi arriva subito dopo. Tornare allo scudetto che mancava da undici anni. Interrompere, per il bene del calcio italiano e dei bambini juventini, il monopolio bianconero sulla serie A. Nelle menti nerazzurre s’era fatta strada l’idea che solo un allenatore con istinti autoritari potesse ottenere risultati: Conte, Mourinho, Trapattoni. Simone Inzaghi si presentava come amico dei giocatori, poco più giovani di lui. Molti hanno pensato: alla Pinetina lo sbranano vivo, dopo averlo condito con olio e sale.

Non è andata così, come sappiamo. Inzaghi è riuscito a convincere i giocatori che erano professionisti adulti. E vincere è meglio che perdere, per l’autostima e per il conto in banca. Il rimbalzo dell’Inter dopo la vittoria a Torino — fortunosa, almeno quant’era stata sfortunata la sconfitta nel derby — è stupefacente. Che dire? Simone è stato coerente e la coerenza ha pagato. Chi lo chiamava «inzaghino» s’è rimangiato il diminutivo.

Il secondo motivo per cui l’allenatore dell’Inter merita rispetto è un motivo tecnico. Non occorre aver studiato a Coverciano per capire che l’Inter di Conte si appoggiava sul pivot Lukaku. Partito lui — ah, Romelu, chi te l’ha fatto fare! — bisognava inventarsi altro. E Inzaghi se l’è inventato. Sabato, dopo la vittoria sulla Roma, José Mourinho ha spiegato perché è complicato giocare contro i nerazzurri: appena trovi un modo per metterli in difficoltà, s’inventano qualcos’altro. Le corse di Perisic e Dumfrian (Dumfries+Darmian); le imbucate di Brozovic; i lanci di Calhanoglu, Bastoni e Di Marco; i triangoli di Dzeko; gli scatti e le giravolte di Barella e Lautaro.

Aggiungiamo questo: Inzaghi, Marotta e la società sono stati bravi a scegliere i sostituti di Hakimi, Eriksen e Lukaku. Dumfries, Calhanoglu e Dzeko si sono rivelati all’altezza. Tre acquisti centrati su tre — quattro su quattro, se aggiungiamo Correa — non si erano mai visti a memoria d’uomo (nerazzurro). Infine: qualcuno sostiene che Inzaghi non sappia cambiare in corsa. Storie. Nelle ultime partite sono ricomparsi i rilanci del portiere, quand’è necessario, rinunciando a certe «uscite dal basso» e ai conseguenti rischi coronarici per i tifosi.

Siamo al terzo motivo per cui Inzaghi piace: il suo modo di presentarsi sul palcoscenico nerazzurro. Ogni allenatore è un attore: il calcio è uno spettacolo, in fondo. Ma non tutti gli attori sono uguali. Antonio Conte è un attore teatrale: drammatico, appassionato, sa pretendere un acquisto costoso come se recitasse Eschilo. Roberto Mancini è un attore cinematografico: gli basta muovere un sopracciglio per farsi capire, come un pistolero in un film western. José Mourinho è un attore totale, un talento poliedrico: potrebbe annunciare la formazione in endecasillabi, se volesse.

Simone Inzaghi? Un pessimo attore, il peggiore sulla piazza. Ha la voce troppo alta, oppure la perde del tutto. Mostra quello che pensa con un candore commovente: gioia, delusione, preoccupazioni, irritazioni. Sembra incapace di mentire. Quando ripete — serio, senza ridere — che l’Inter in febbraio e marzo non ha registrato una flessione, vien voglia di abbracciarlo. Ecco perché ci piace, Simone Inzaghi. Finalmente uno che non recita. Sta lì, soffre e gioisce insieme a noi".

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