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Stadio, Popoulos: “La nostra una cattedrale verde. Sesto? Ci hanno detto…”

Le parole di Alessandro Zoppini, capo dello studio Populous di Milano

Marco Astori

Lunga intervista concessa ai microfoni del Corriere della Sera da parte di Alessandro Zoppini, capo dello studio Populous di Milano, in merito alla questione legata alla costruzione del nuovo stadio di Inter e Milan.

Zoppini, sembra che facciate un po' a gara a chi è più milanese.

«Parlo di noi: Populous è uno studio internazionale che ha realizzato Wembley, l'Emirates, lo stadio del Tottenham, ha una sede europea a Londra e uno studio in Italia, che siamo noi. Mio padre era uno dei quattro allenatori della Nazionale di nuoto, poi nel '61 si è laureato in architettura e si è specializzato in impianti sportivi. Io sono la seconda generazione, ho realizzato impianti per tre Olimpiadi: Torino, Sochi e Pyeongchang. E poi con San Siro c'è un legame particolare».

Quale?

«Il mio prozio Riccardo, membro del consiglio della Figc, era uno degli accompagnatori della Nazionale quando nel '56 è stato inaugurato il secondo San Siro».

La sua milanesità è certificata.

«Non solo la mia. Nel progetto Populous sono coinvolti anche gli studi d'ingegneria Tekne, della famiglia Rusconi Clerici, e Maffeis, che stanno progettando tre stadi per i Mondiali del Qatar: ci sono 300 professionisti italiani. È una convergenza tra specialisti, non commerciale».

Frecciatina ai concorrenti?

«No, ma quello che dico è che è impossibile trovare al mondo un team che abbia la nostra esperienza».

Anche il progetto Cattedrale vuole essere milanese, con i richiami alla Galleria, che ospiterà i punti di ristoro, e alle guglie del Duomo, giusto?

«È un progetto pensato per Milano, se non lo facciamo qui non lo possiamo spostare altrove, è originale e non sarà possibile confonderlo con altri».

Quali sono gli altri punti di forza?

«Sarà uno stadio a consumo di suolo zero, perché ora lì c'è un parcheggio. E poi il verde: sarà circondato da nove ettari di verde, in generale sarà il più sostenibile d'Europa, sarà dotato di pannelli fotovoltaici sulla copertura e di un sistema di raccolta dell'acqua piovana. Gli spazi interni sono climatizzati a ventilazione naturale».

Cosa offrite al quartiere?

«L'obiettivo, che è anche quello delle squadre, è dialogare con la città e capire le esigenze dei cittadini. Lo stadio sarà alto la metà, lungo via Tesio ci saranno due filari di alberi, perciò chi passa di lì non vedrà neanche l'impianto, che avrà un impatto paragonabile a quello di un normale edificio. L'impatto acustico sarà ridotto del 60%».

E cosa ai tifosi?

«Un'esperienza unica. Gli spalti avvicineranno i tifosi all'azione, sarà un' atmosfera intima. Le installazioni su misura poi cambiano radicalmente l'aspetto dell'architettura e riprendono l'identità dei due club: spire luminose di un biscione blu per l'Inter, contrafforti verticali rosso fuoco per il Milan».

Le squadre vogliono mantenere un pezzo di San Siro nel progetto.

«Stiamo studiando di funzionalizzare le parti più storiche di San Siro e integrarle nel progetto».

Pensa sia possibile che nel masterplan si mischino idee di vari progetti?

«Il masterplan verrà fuori da un dialogo con la città e poi saranno le squadre che sceglieranno come armonizzare il tutto».

E se i club decidessero poi di andare a Sesto San Giovanni?

«Lo stadio è stato pensato per stare lì, ma siamo professionisti, se ci dovessero dare altre indicazioni, vedremo».

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