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Ulivieri: “Un allenatore ha il diritto di infuriarsi. Durante la partita non ci può…”

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Intervistato dal Corriere dello Sport, Renzo Ulivieri torna sulle tante espulsioni comminati ai tecnici nell'ultimo turno di Seri A

Gianni Pampinella

Intervistato dal Corriere dello Sport, Renzo Ulivieri torna sulle tante espulsioni comminati ai tecnici nell'ultimo turno di Seri A. "Prese una a una non avrebbero fatto notizia. In questo caso capisco il valore giornalistico dell’evento".

Beh, non vorrà buttarla sul vizio dell’enfasi mediatica 

«No, c’è di che discutere. Partendo, secondo me, però da alcuni commenti che non mi sono garbati» 

Tipo? 

«La questione della collaborazione arbitro-allenatore, che sarebbe venuta meno in queste circostanze. Io dico che quella ci deve essere quando si fanno le riunioni congiunte per affrontare questioni specifiche. La domenica, in senso generico, invece, non ci può essere. Uno deve pensare ad arbitrare bene, gli allenatori a fare meno errori possibili, come ama dire Allegri». 

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Dunque, per lei, in quei 90 minuti, arbitro-allenatori non possono darsi un aiuto reciproco 

«Non la metterei così. Penso per esempio che un allenatore abbia anche il diritto di infuriarsi sapendo però che non ha il diritto di manifestarlo, soprattutto in modo scomposto. Questo dicono le regole. Che debbono essere interpretate». 

L’irrisolvibile nodo dell’uniformità di giudizio davanti a episodi simili 

«E come farne a meno? Per esempio: “allenatore espulso per aver calciato una bottiglietta”. Già: ma l’ha colpita d’interno, di collo, di esterno.... Perché emotivamente c’è differenza» 

Ironia brillante ma rischiosa 

«La verità è che ci può essere l’incazzatura, la protesta oppure la stizza, l’alzare le braccia, scuotere la testa, in segno di dissenso. E tra le due cose c’è un mondo. Io penso che la stizza possa anche far parte dello spettacolo» 

Che momento è questo per la categoria arbitrale? 

«Guardi, io sono un appassionato di arbitraggio. E vi dico che è un buon momento. Sul serio. Perché il loro impegno è quello di contribuire ad aumentare la qualità dello spettacolo. Come? Fischiando di meno, accettando il rischio del gioco in velocità. Se non voglio farlo, ho un modo classico e semplice: rallentare le partite, spezzettandole. Questo devono capirlo anche gli allenatori. Però la collaborazione no, quella mi fa perdere solo tempo» 

Ma non sarebbe tutto più chiaro se non più semplice se anche gli arbitri parlassero a fine match? 

«E cosa dovrebbero dire? La spiegazione è nelle loro azioni. A me pare fuori logica ma per carità, si può anche fare».

(Corriere dello Sport)

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