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Benitez al veleno: “All’Inter mi dissero a sorpresa del FpF solo all’ultimo”

L’ex tecnico nerazzurro, Rafa Benitez, non perde mai occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti dell’Inter. Lo ha fatto ancora una volta durante il suo ultimo intervento a Eursport International, nel programma...

Francesco Parrone

L'ex tecnico nerazzurro, Rafa Benitez, non perde mai occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti dell'Inter. Lo ha fatto ancora una volta durante il suo ultimo intervento a Eursport International, nel programma Eurogoals. Lo spagnolo nell'elencare e spiegare il ruolo di manager e tecnico in una società, si lascia andare a qualche frecciatina del tutto velenosa:

Ho sempre pensato che chi lavora nel mondo calcio sia un privilegiato, perché viene pagato per fare qualcosa che ama. Nel mio caso particolare, ho avuto la possibilità di lavorare in nazioni diverse, osservando altre culture e differenti metodi di lavoro. Queste esperienze mi hanno fatto crescere molto e credo di avere oggi la possibilità di analizzare le cose da un punto di vista più distaccato.

Quando alcune persone parlano di trasferimenti, dei prezzi dei giocatori, delle ragioni per cui dei giocatori vengono comprati o ceduti, ho la sensazione che vengano dette tantissime cose a sproposito, notizie che di fatto confondono solamente i tifosi. Di conseguenza qui provo a darvi il mio punto di vista, basato sulla mia esperienza. Ovviamente qui mi concentro su quello che è il mio ruolo all'interno di un club, cioè quello del manager o dell'allenatore, a seconda dei casi.

LA STRUTTURA DEL CLUB: IL  MANAGER E L'ALLENATORE

La prima cosa da stabilire arrivano in una nuova società sono gli obiettivi e le risorse a disposizione per raggiungerli. Quindi è necessario analizzare profondamente l'organizzazione del club, la struttura del management e le differenti funzioni di chi ci lavora all'interno, specialmente se ci si trova a lavorare in un paese straniero. Il calendario, la rosa, lo staff e i suoi ruoli, la situazione contrattuale dei giocatori, l'ambiente, la cultura, la tradizione del club… La conoscenza di tutti questi aspetti permette di prendere le decisioni corrette.

In Italia e in Spagna generalmente c'è un "direttore sportivo" che è teoricamente responsabile dell'ingaggio dell'allenatore e dei trasferimenti dei giocatori: in alcuni casi questi si consultano con i tecnici, altre volte invece sono i presidenti o i proprietari ad avere l'ultima parola sul mercato. In Inghilterra la situazione è diverse: c'è un "manager" che si occupa di tutti gli aspetti calcistici e quindi è responsabile anche della definizione della rosa.

In pratica entrambi i metodi di gestione dipendono da una premessa, quella del denaro a disposizione per trasferimenti e ingaggi. Di conseguenza il manager da una parte o l'allenatore dall'altra dovranno essere capaci di fare una selezione di 3-4 calciatori da acquistare nella loro "lista dei desideri". Almeno il manager ha la possibilità di sceglierli personalmente.

LA COSTRUZIONE DELLA SQUADRA, IL "BUSINESS PLAN"

In quanto responsabile degli aspetti tecnici, il manager/allenatore deve decidere il modulo e lo stile di gioco della squadra. Per questo è importante conoscere i singoli calciatori, parlare con loro per riuscire ad esaltare la chimica della squadra e mettere in pratica le idee tattiche dell'allenatore.

Poi ci sono i contratti, che sono regolati in maniera diversa in ogni paese. Ci sono campionati in cui è obbligatorio giocare con 5 calciatori nazionali, altri dove ci sono dei limiti per gli acquisti all'estero, altri ancora dove c'è una lista "A" e una lista "B" di giocatori… Alla fine ogni campionato e ogni paese ha le proprie particolarità e bisogna conoscerle al 100% nel minor tempo possibile, prima di iniziare a costruire o modificare la squadra.

Questo è il momento il cui il "progetto" parte e vista la tipologia dei proprietari che stanno investendo nel calcio di oggi è proprio il caso di chiamarlo "business plan". Mi riferisco ancora alla mia esperienza personale: quando sono arrivato in Italia non c'era nessun "business plan"; solo all'ultimo giorno di mercato mi è stato detto all'improvviso - e a sorpresa - che il club avrebbe seguito la linea del "Fair-Play finanziario". E la chiudo qui. In Spagna invece c'è un dialogo continuo tra l'allenatore e i dirigenti, il che permette sempre di conoscere la situazione economica del club: a dire la verità, comunque, in un'occasione mi è capitato di essere sorpreso da un presidente che ha acquistato un attaccante nell'ultimo giorno di mercato semplicemente perché, trattandosi di un prestito, era un affare a basso costo.

In Inghilterra, durante le mie 3 stagioni a Liverpool, il presidente e l'amministratore delegato mi tennero sempre informato sui limiti e sulle possibilità di investimento: con il passare del tempo la struttura del club è cambiata e di conseguenza il "business plan" è diventato più importante di qualsiasi progetto calcistico nel momento in cui c'era da prendere una decisione...

Qualcosa che poi non bisogna dimenticare è il lavoro sul settore giovanile. L'inserimento di giocatori locali crea un maggiore legale con il club e riduce sensibilmente i costi. In Italia e in Spagna la questione è gestita dal direttore sportivo e l'allenatore non conta quasi nulla a proposito. In Inghilterra, invece, può capitare che il manager abbia anche la responsabilità del settore giovanile, il che gli permette di stabilire un certo stile di gioco per tutte le fasce d'età, come è successo a me nell'ultimo anno al Liverpool. In questo momento storico l'esempio del Barcellona non è solamente il modello più popolare in quest'ambito, ma è anche il migliore in assoluto.

Ovviamente se nel settore giovanile non ci sono giocatori con l'abilità necessaria per sfondare in prima squadra bisogna ricorrere al mercato. Il direttore sportivo deve organizzare un budget per i trasferimenti, tenendo sempre conto degli ingaggi dei giocatori. Un buon sistema di osservatori può aiutare in questo senso: è essenziale, anche se non infallibile. In questo caso comunque il ruolo del manager e quello dell'allenatore sono fondamentalmente diversi: il primo deve pensare anche al futuro del club, mentre il secondo può concentrarsi al 100% sui risultati del campo senza pensare troppo al rapporto tra costi e ricavi.

REGOLE E CASI ORGANIZZATIVI PARTICOLARI

In alcuni casi bisogna considerare anche i diversi regolamenti a livello internazionale. Normalmente c'è una lista di 25 giocatori per la prima squadra, ma ad  esempio in Spagna si possono inserire dei giovani fuori lista facendoli giocare fino a un massimo di 5 partite; poi dovranno essere inseriti nell'elenco ufficiale.

In Inghilterra si possono utilizzare i giocatori della squadra riserve, nelle cui fila generalmente vengono inseriti i giovani per fare esperienza, e poi ci sono anche le squadre Under-18. La maggioranza dei calciatori inseriti in queste squadre deve avere un contratto da professionista se non si vuole correre il rischio di perdere i giocatori in questione gratis. A questo proposito si è discusso molto durante la mia esperienza al Liverpool: è stato detto che avevo ingaggiato tantissimi giocatori, ma in realtà molti erano stati presi per queste squadre giovanili, alcuni nemmeno li conoscevo. Questo genere di trasferimenti non sono considerati veri e propri acquisti in Spagna, così come in Italia.

LA LISTA DELLA CHAMPIONS LEAGUE

Un altro fattore che non può essere dimenticato è quello delle regole della lista per la Champions League, che deve comprendere almeno 4 giocatori cresciuti nel vivaio del club e altri 4 giocatori cresciuti nei vivai nazionali. Un calciatore si considera "cresciuto nel vivaio" se ha giocato nel club per 3 anni prima del suo 21esimo compleanno.

Ci troviamo quindi nuovamente di fronte alle differenze di gestione tra un allenatore e un manager. L'allenatore deve pensare solo alla squadra perché il direttore sportivo si occuperà del futuro del club, mentre il manager deve fare entrambe le cose: ecco quindi che al Liverpool una delle priorità era quella di acquistare dei giocatori stranieri 3 anni prima che ne compissero 21, come è stato il caso di Ayala, Pacheco o Insua. In questo modo sarebbero stati considerati calciatori "cresciuti nel vivaio" e avremmo risparmiato parecchio in termini economici potendoli inserire nella lista Champions. In Italia e in Spagna pensieri di questo tipo ti toccano solo se riesci a vincere e quindi a rimanere sulla stessa panchina per diversi anni.

Come sempre, queste sono opinioni personali figlie della mia esperienza. L'obiettivo è quello di fornire ai tifosi un punto di vista differente, una prospettiva che forse ancora non conoscono. Anche perché un pensiero che continua ad accompagnarmi è che anche se ti viene detta una cosa ripetutamente, non è detto che sia la verità.