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Deky: “Non ho mollato per l’Inter, sto tornando. Strama e Mou…”

In viaggio con… Deky Stankovic. Oggi tocca a lui confessarsi ai microfoni di Nagaja Beccalossi per Inter Channel, all’interno del programma Drive. Il centrocampista serbo viene da un periodo difficile, caratterizzato da un fastidio al...

Eva A. Provenzano

In viaggio con... Deky Stankovic. Oggi tocca a lui confessarsi ai microfoni di Nagaja Beccalossi per Inter Channel, all'interno del programma Drive. Il centrocampista serbo viene da un periodo difficile, caratterizzato da un fastidio al tendine di Achille che lo sta tenendo fuori dal campo. Ecco quanto racconta di sè: 

QUOTIDIANITA' - "Ormai la strada Milano-Pinetina la faccio a memoria. Tante cose sono successe. Io sono uno che vive tutto molto intensamente, soprattutto quando si gioca la sera, faccio fatica a far passare l'adrenalina, fino alle 4 del mattino, te ne accorgi quando ti metti in macchina per andare ad Appiano". 

PASSIONE - "La grinta e la voglia ti tengono sempre impegnato, è quello che ti fa andare avanti. Io non fingo mai, do sempre il massimo, ci sono volte che non mi riescono, ma l'importante è essere chiari con se stessi e gli altri. Se ho giocato male lo so io per primo, non me lo faccio dire dai giornali". 

FAMIGLIA - "I miei figli sono tre maschi, seguono l'Inter, seguono tutto il calcio non li puoi fregare, si allenano tutti e tre, sono bravi, sono soprattutto bravi ragazzi. Vanno bene anche a scuola e di questo ringrazio mia moglie che passa con loro più di tempo di me. C'è la passione per il calcio, ma se non si va bene a scuola, via calcio, gli levo gli allenamenti".  

INFORTUNIO - "Si sto stando molto più tempo in casa, mi alzo presto, li porto a scuola, lo faccio anche quando gioco e chiacchiero con loro. Poi vengo qui e faccio cure e terapie. Ora ho cambiato ritmo, ho cambiato passo, tutto sta andando bene. E non vedo l'ora di rientrare, non dico altro". 

GIORNATA - "Pranzo sempre con mia moglie, parliamo dei problemi familiari, poi andiamo a prendere i miei figli. L'italiano non glielo so insegnare, meglio che imparino con altre persone, io non so scrivere le doppie, il mio è un italiano di strada e loro stanno imparando anche l'inglese". 

CARRIERA - "E' stata dura lasciare il mio Paese. Sono cresciuto a Belgrado, una città grande. Sono arrivato a Roma a 19 anni, c'era mia moglie con me e siamo cresciuti insieme, sono passati quindici anni. Sono diventato maturo presto, a diciotto anni ero già il capitano della Stella Rossa. Mia mamma pensa molto a me, con mio padre ho un grande rapporto bello chiaro. Siamo molto simili. I miei figli stanno ancora cambiando e una volta somigliano a me, una volta a mia moglie. Il piccolino somiglia a tutti e quattro, genitori e fratelli". 

TUTTOFARE - "Giocavo dappertutto e questa è una fortuna. E' importante saper giocare in tutti i ruoli, io giocavo anche da libero e da attaccante, ma poi in prima squadra alla Stella Rossa sono diventato centrocampista. Ho giocato ovunque, ala, dietro le punte e adesso anche davanti alla difesa. Il tempo passa in fretta".

NON MOLLIAMO MAI - "Io ho giocato per la Stella Rossa che era la squadra per la quale tifavo, sono cresciuto alla Lazio e li ringrazio per avermi portato in Italia e poi c'è stata l'Inter che è casa mia. Non mi sento un giocatore, mi sento uno di famiglia. Mi volevano anche far cambiare squadra, ma non ci sono cascato mai. Ho dato abbastanza, posso dare ancora, non vedo l'ora di pedalare. Pupi, lui è l'esempio di come si affrontano le difficoltà. Se mi fosse capitato quello che è successo ora a 24 anni sarebbe stata dura. Ho avuto alti e bassi, mi veniva in mente di mollare, ma adesso va meglio. L'affetto della famiglia, della società e dell'Inter, anche i tifosi mi hanno aiutato a resistere perché tutti sanno che io non sono uno che molla facilmente, non potevo ritirarmi senza lottare. Il secondo intervento è arrivato nel momento in cui stavo recuperando, ora però le cose vanno meglio, non aggiungo altro". 

L'INTER DI ORA E GLI ARBITRI - "C'è stato un cambiamento importante, ho visto come questo gruppo è cresciuto e pian piano sta migliorando, siamo più convinti, è tornata la fame. Siamo inciampati dopo la Juve, ma ci sta. Dobbiamo continuare sulla nostra strada. Ogni tanto siamo penalizzati dalle decisioni arbitrali, si può sbagliare ma non le cose evidenti. Ora mettiamo tutto da parte, siamo tranquilli, anche il mister lo è". 

STRAMACCIONI - "Non mi ha sorpreso perché il primo giorno, tutto quello che mi ha detto lo ha messo in campo, quello che ha fatto è stata solo la conferma di quanto mi ha detto. Io gli faccio i complimenti. Sto diventando vecchio come calciatore, ma lui è giovane come allenatore, ma non cambia nulla, è sveglio, furbo, trasparente e diretto, ha le idee chiare. Montella sta facendo alla grande, lo conosco e sta facendo un grande lavoro con la Fiorentina. Io allenatore? Non mi ci vedo, almeno adesso. E voglio tornare a giocare, tra un po' smetterò e poi deciderò cosa fare". 

MATERAZZI - "E' uno di quelli che dice le cose in faccia. Lui vuole farmi diventare allenatore, io faccio il primo tu il secondo ci diciamo sempre. Un fratello per me". 

MIHAJLOVIC - "La Nazionale? Era il momento di salutare. Mi spiace di non aver lavorato con Sinisa, non gioco più, ma mi conosco e se serve alla mia maglia non è un addio, non si sa mai. Sinisa sta facendo un ottimo lavoro, ha cambiato la generazione e gli auguro tanta fortuna e in bocca al lupo".

MARKOVIC - "Giovane, bravo, un talento che deve crescere bene. Deve essere umile, che ancora ce n'è di strada da fare, ma lui ha talento, ha una buona strada e non deve sbagliare gli incroci". 

MOU E MANCINI - "Eriksen è stato il mio primo tecnico in biancoceleste: un grande signore. Poi è arrivato Roby (Mancini.ndr) e con lui sono cresciuto tanto. Grande salto di qualità con Zac alla Lazio. Poi anche all'Inter l'ho ritrovato. E in nerazzurro poi sono arrivati gli anni vincenti. E alla fine Mou, il più vincente di tutti. I giornali dicevano che io sarei andato via perché ero amico di Mancini. A luglio José mi ha aspettato sulle scale, credevo mi volesse mandare via. Mi ha detto che ero una sua scommessa e mi chiedeva di tornare ad essere ai livelli della Lazio. Mi disse: "So che sei amico di Mancio, ma nessuno ci dice che non possiamo diventarlo anche noi". E così è stato. E per lui abbiamo dato il sangue. Poi la parentesi con Benitez e Leonardo. Io vado d'accordo con tanti, perché ci penso due volte prima di litigare con qualcuno. 

SALUTI -"Spero che ci rivedremo presto". E' una promessa!