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Gianfelice Facchetti: “Marotta? Già papà lo voleva all’Inter. Conte mai ruffiano, chiaro da subito”

Il figlio della storica bandiera dell'Inter ha parlato in vista della gara col Torino e ha commentato gli arrivi in nerazzurri di Marotta e Conte

Andrea Della Sala

Non sarà una gara come le altre Torino-Inter per Gianfelice Facchetti, figlio del grande Giacinto. Intervistato da Tuttosport ha parlato dei nerazzurri, ma anche del suo legame con la squadra granata.

«A parte la mia amata Inter, io provo una simpatia speciale per il Toro. E per motivi sia personali sia familiari. Da bambino giocavo nella squadra del mio paese, che era stato anche il paese di Valentino Mazzola: Cassano d’Adda. La nostra famiglia viveva lì. E la squadra locale portava i colori del Grande Torino, in memoria di Valentino. Io giocavo in porta. E la divisa da portiere replicava ogni stagione quella dei portieri del Toro Anni 80. Ma mi capitò anche di indossare la maglia nera di Bacigalupo. A quei tempi era una colonia granata, Cassano. E mio padre per scherzare mi chiamava come il portiere del Grande Torino: “Baci”. Il cui ruolo avrei interpretato, tanti anni dopo, nel film dedicato agli Angeli di Superga: “Il Grande Torino” di Claudio Bonivento. E mio padre, che era nato 7 anni prima di Superga, conservava un rispetto enorme per il Grande Torino. Per i valori anche morali e sociali che incarnava. In più aveva come compagno Sandro Mazzola, il figlio di Valentino. Mio padre per tutta la vita ha voluto conservare a casa soltanto una foto autografata di un altro calciatore: di Virgilio Maroso in Nazionale. Il terzino sinistro del Grande Torino. Lo stesso ruolo di papà».  

Per cui, Gianfelice, immaginiamo che lei si sentirà doppiamente felice e onorato, ora: per la scelta dei tifosi del Toro, del Museo della Leggenda Granata, di dedicare a cavallo della partita con l’Inter una mostra temporanea a suo padre. Gloria sportiva, esempio di stile, sportività. “Giacinto Facchetti: ora sei una Stella”. 

«A mio padre hanno già dedicato mostre e intitolato vie e piazze, in Italia. Ma è la prima volta in assoluto che una mostra viene allestita da una tifoseria avversaria. Io e la nostra famiglia siamo onorati. Emozionati. Grati. E’ un riconoscimento bellissimo. E’ un messaggio di sportività e di rispetto lanciato al sistema calcio. Significa anche avvicinarci nel modo migliore alla partita. Mettendo sul piatto valori positivi. E visto che il Museo del Torino è stato creato ed è gestito da tifosi, è incredibilmente bello sottolineare questa scelta assolutamente popolare. Anche in questo caso la tifoseria granata dimostra qualità speciali. Una sensibilità superiore. Io sono strainterista. Ma sono sicuro che sia bellissimo anche tifare per il Toro. E poi ho sempre percepito delle somiglianze e delle evocazioni fortissime tra questi due mondi. Mi ha sempre meravigliato il fatto che non esista un gemellaggio tra le due tifoserie. Ho scoperto anche tante affinità storiche che non conoscevo, quando scrissi il libro per i 110 anni dell’Inter, nel 2018. Vi racconto un aneddoto che risale invece al 2008: e questo farà di sicuro molto piacere ai tifosi del Toro. Per il nostro Centenario chiamai Bearzot per invitarlo alla festa nerazzurra. Il ct mondiale aveva giocato anche da noi. Ma mi disse: “Non me la sento. Sì, l’Inter è stata il primo amore, però poi ho sposato il Toro”. E in quelle parole riconobbi un legame fortissimo, insuperabile. Fedeltà. Sino all’ultimo».  

E poi c’è la storica rivalità con la Juve: anche questo unisce i due mondi. 

«E’ vero. Difatti una volta in tv dissi: la Juve avrà anche Cristiano, ma tutti gli altri sono convinti che Gesù tifi per il Toro».  

Però ora sognate lo scudetto con Conte e Marotta...

«C’è sempre qualche tifoso dell’Inter che, scherzando, mi dice: “Stiamo ripulendo Conte, ora che è venuto da noi”. La verità è che Conte non è mai stato ruffiano, a differenza di altri allenatori che avevano detto “mai alla Juve”, “mai all’Inter”, però poi... Una volta diventato tecnico, Conte disse subito: “Io indosserò sempre e solo la maglia delle squadre che allenerò”. Mi piace la sua Inter: sta compiendo dei passi in avanti, dopo quelli sotto Spalletti. La società sta dimostrando di avere programmazione. Quest’anno si vede un’ulteriore crescita dal punto di vista sia tecnico sia della personalità. La squadra ha dimostrato di essere più forte dell’anno scorso. Quanto a Marotta: ha lavorato per tante società, mica solo per la Juve. E quando papà era ai vertici dell’Inter, aveva pure cercato di portarlo a Milano. Ne riconosceva già la figura molto competente».  

E’ più realistico immaginare che l’Inter possa vincere lo scudetto o che il Torino rimonti fino a qualificarsi in Europa League? 

«Io credo che siano due scenari realistici per entrambi. Noi siamo a un punto dalla Juve. E’ importante stare nella scia, arrivare a gennaio quantomeno incollati a loro, e poi cercare il sorpasso decisivo. Sperando che concedano qualcosa. Quanto al Toro, il primo aspetto fondamentale è che due giocatori in primo luogo continuino a disputare un campionato eccezionale: Sirigu con i suoi miracoli in porta e Belotti con i suoi gol. Tutt’attorno, il Torino ha i giocatori per avviare una rimonta da sogno fino all’Europa League. Anche la classifica ancora abbastanza corta e la discontinuità di tanti avversari lo lasciano pensare».  

In panchina c’è Mazzarri: che non fu molto amato a Milano, ma patì anche colpe non sue.  

«Vero: non fu fortunato, arrivò in un momento complicato per chiunque. Mettiamola così: il Toro ha tempo per recuperare posizioni, ma da fuori, da tifoso avversario con un debole granata, mi viene da suggerire di mostrare più di coraggio nel gioco. Con i calciatori che ha, e non penso solo a Belotti, il Toro dovrebbe essere più votato all’attacco. E un po’ meno prudente. Dovrebbe praticare un gioco più garibaldino, aggressivo. Coraggioso, appunto. Proprio perché stiamo parlando del Toro. E la storia granata e i suoi tifosi non sarebbero mai esistiti, senza coraggio». 

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