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Inter, torna il regista puro: Sensi. Da Kovacic a Gargano e Banega quanti bocciati

Con l'arrivo all'Inter del centrocampista Conte avrà un giocatore di manovra in mezzo al campo

Andrea Della Sala

Con l'arrivo di Sensi, l'Inter potrà contare su un vero e proprio regista che mancava da anni. Negli ultimi due anni, Spalletti ci ha piazzato Brozovic in regia, con buoni risultati, anche se non è proprio il ruolo del croato. Un vero regista manca all'Inter dai tempi del Triplete, quando a manovrare il gioco di Mourinho era Thiago Motta, come ricorda La Gazzetta dello Sport: "L’ultimo grande kolossal lo girò Thiago Motta, non partecipando nemmeno a tutti i ciak del «Triplete». Dopo quel blockbuster i film interisti hanno avuto raramente un lieto fine, e in regia hanno lavorato in tanti, spesso apprendisti, adattati o part-time. Con Sensi si cambia strada, piazzando in rosa e in squadra un playmaker, un volante central. Intendiamoci, si può giocare, e pure bene, anche senza un regista classico, i compiti di creazione e ordine possono essere spezzettati o diffusi. Però avere un interprete sicuro è una buona base da cui partire".

BROZOVIC - "Tanto più se si aggiunge a chi, nell’ultimo anno e mezzo, ha esercitato con discreto successo il ruolo di «fonte di gioco». Marcelo Brozovic play fu un’intuizione di successo di Spalletti. Rigenerava un esterno/mezza punta che non aveva mai trovato continuità e rispondeva all’esigenza di trovare un regista credibile dopo il fallimento dell’idea di trasferire le prestazioni da «sindaco» di Borja Valero da Firenze a Milano. Brozo ha fatto 15 mesi di alto livello, ma addossargli tutto il peso della costruzione ha esposto la squadra a cali vistosi in corrispondenza delle sue giornate no. E poi Epic non ha la genialità nella giocata di chi da sempre crea spazi che altri non vedono".

BANEGA - "Genialità che l’Inter sperava di aver trovato a zero nell’estate 2016 in Ever Banega, talentuoso ma incostante argentino che si rivelò presto un po’ poco performante sotto pressione (degli avversari e di San Siro). Anche da quasi-trequartista a Siviglia faceva girare l’intera squadra, in nerazzurro fu presto panchinato e archiviato. C’erano grandi aspettative, su Banega, perché si arrivava da un’annata in cui la coppia Medel—Melo occupava le zolle centrali. I tackle non erano mancati, la voglia di aggredire l’avversario nemmeno, ma in quanto a geometrie, tocco e lampi di classe il 2015-16 corrisponde a una traversata del deserto", analizza il quotidiano.

GARGANO - "Dal punto di vista del gioco sono anni difficili, quelli del post-Triplete, dopo gli addii di Motta e Stankovic e con Cambiasso che cala di giri. Il Cuchu non era mai stato un play puro, ma la sua intelligenza tattica e leadership sarebbero state rimpiante e lungo. Con Stramaccioni diventa titolare fisso un quasi-crepuscolare Gargano, che saluta dopo una stagione di palloni giocati non proprio di prima".

KOVACIC - "Mazzarri si ritrova per le mani un giovane Kovacic, ma lo reputa troppo tenero e inesperto per affidargli le chiavi, che passano di mano fra Guarin, Hernanes e Cambiasso. Mateo si trova a giocare vari ruoli, da trequartista a interno, con passaggi in panchina. La cosa continuerà con Mancini, prima che l’attuale c.t. nel finale lo renda più «centrale». Poi va a Madrid, a studiare da Modric. Uno che per un po’ si è sognato venisse a fare film a Milano", si legge sul La Gazzetta.

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