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Lukaku: “Inter? Io più completo, scudetto un’emozione. Chelsea? Momento giusto”

Lukaku: “Inter? Io più completo, scudetto un’emozione. Chelsea? Momento giusto”

Le parole del belga a Sky Sports UK: "Andare in Italia era la miglior scelta che potessi fare: con Conte io oltre il limite"

Marco Astori

Lunga intervista concessa da Romelu Lukaku, ex centravanti dell'Inter oggi al Chelsea, ai microfoni di Sky Sports UK. Il belga è tornato sul suo ritorno in Blues dopo l'importante parentesi in nerazzurro. Queste le sue parole: "Drogba? Abbiamo parlato pochi giorni fa del mio periodo qui e dei progressi che ho fatto: ho mantenuto la stessa fame, sempre. Didier cura molto i dettagli, così come Henry: questi fanno la differenza. Parliamo di esercizi individuali che mi piacciono, gli obiettivi, ma anche della vittoria: è quella che conta alla fine. Il primo addio al Chelsea? Mi dispiacque. Ho scritto la scorsa estate un breve pensiero su cosa il calcio fa a livello mentale. E' una cosa che mi sono portato dietro per anni, ma anche una sorta di motivazione. Mi chiedevo: "Cos'è andato storto?". Ad un certo punto ho deciso che fosse meglio andare da un'altra parte e vedere tutto da un altro punto di vista.

L'Inter

Andare in Italia era la miglior scelta che potessi fare. C'erano molte domande: sapevo di avere le abilità, ma perché non andava? Quando penso alle mie performance con l'Everton, ai rigori sbagliati, alle gare con lo United. O quando ero al Chelsea e avevo avuto un'opportunità, ma non era andata bene. Forse perché sentivo troppa pressione. In Italia, con Conte, ho imparato cosa serviva per andare oltre il limite. Quando abbiamo vinto lo scudetto, si vedeva l'emozione sulla mia faccia. Tecnicamente sono migliorato perché giocare spalle alla porta prima non era il mio forte, non mi piaceva: sono più di un ragazzo che corre all'indietro e crea spazi per far inserire gli altri.

Ma quando ho iniziato a migliorare è stato meglio per me perché segnavo più gol e creavo più occasioni per i compagni: quindi sono aumentati gli assist e sono diventato più completo. Tatticamente vedo la partita in modo totalmente differente: mi interessano molto i movimenti che alcuni giocatori fanno. La settimana scorsa ho visto le ultime 7/8 partite della squadra e ho provato a capire i movimenti e quello che il tecnico si aspetta da noi. Ho realizzato che c'è stato un cambiamento e la gente mi vede in modo differente quando ho giocato da capitano del Belgio.

 Fonte: chelseafc.com

Il Belgio

Martinez è con me da quando ho 20 anni, ha visto i miei step mentali. Quando mi ha dato la fascia, è lì che ho fatto un altro step, vedendomi come un leader e facendo la differenza per la mia squadra. Alla fine io lascio parlare il mio calcio, ma penso che posso dare qualcosa in più a questa squadra perché è molto forte.

Il ritorno al Chelsea

Il mio ritorno poteva avvenire quando avevo 23-24 anni, ma guardando indietro devo essere onesto e non so se avrebbe avuto lo stesso impatto di ora. Ora è il momento giusto: sono molto più maturo e consapevole di quello che succede in campo. Sono un padre e ho tante responsabilità: ho raggiunto skill da leader e ora devo solo far parlare il campo. Sono pronto. Se si guarda ai miei ultimi tre trasferimenti, è sempre la stessa storia: perché devo mettere pressione non necessaria? Conosco il giochino, so che ci sono aspettative. Non ha senso per me iniziare a pensare troppo alle cose. Il calcio e il calcio. Sono un ragazzo con grande autostima, molto intelligente nel preparare le partite e nel capire cosa serve per aiutare la squadra.

L'unica cosa è cercare di vincere ancora di più: dopo l'anno scorso, perché fermarsi ora. Voglio continuare a farlo. Si basa tutto sulla preparazione e sto preparando me stesso nel miglior modo possibile. Sono in forma e l'Italia mi ha aiutato a sistemarmi fisicamente e diventare più forte. Non vedo l'ora, sono molto eccitato perché la Premier è migliorata: sarà molto competitiva quest'anno. Io come Drogba, Lampard e Terry? Vorrebbe dire molto. Da quando ero bambino dicevo di volerlo essere e ora sono qui: ogni giorno arrivo al campo con la stessa determinazione per aiutare i miei compagni a vincere. Vuoi segnare, ma alla fine conta la vittoria. Questa era la mentalità che dovevo avere per vincere, prima pensavo solo a segnare: ma quando non vinci non c'è lo stesso rispetto. E' lì che ho pensato: "Se comincio a vincere, mi sentirò appagato"".

 

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