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Marani: “Si incrociano le strade di Inter e Juve dopo Calciopoli. Ad Agnelli hanno rinfacciato…”

Questo il pensiero del collega espresso sulle pagine di TuttoSport

Daniele Vitiello

Ci sono rivalità che non si cancelleranno mai nello sport. Ed è giusto che sia così, a patto però che non si superino certi limiti. Per il bene di tutti. E' questo il messaggio che prova a dare Matteo Marani nel suo editoriale per TuttoSport a proposito del rapporto fra Inter e Juventus: "È stata la settimana dell’en plein delle squadre italiane in Champions. Non accadeva dal 2005. Ed è stata la settimana di un fatto molto importante: la candidatura di Massimo Moratti in Figc da parte di Andrea Agnelli, unito all’interessamento di Suning per Marotta. Un incrocio di strade, quello tra Juve e Inter, che in questa misura non si registrava dai tempi di Calciopoli, anno 2006. La vicinanza tra le due date non è casuale. Penso, e non sono l’unico, che Calciopoli abbia segnato un bivio nella storia del nostro pallone. Non è un caso che a quell’anno risalga l’ultimo, straordinario trionfo al Mondiale. E che da allora la Nazionale, eccetto un buon Europeo con Prandelli, abbia solo rimediato figuracce in serie. Calciopoli non è stato dannoso unicamente per la caduta della Juve, poi risalita e tornata a vincere. Malgrado questo recupero, il nostro movimento – parlo di quello complessivo – ha stentato a tornare competitivo. Calciopoli è stata deleteria perché ha messo contro i due principali club del Paese, le squadre che Gianni Brera accomunò nella felice espressione del derby italiano. Quelle con più tifosi e con più rilievo, assieme al Milan. Le parti si sono guardate in cagnesco, si sono contrastate, irrise pubblicamente. Non sto qui a sostenere le ragioni degli uni o i torti degli altri, perché ognuno ha una propria verità sulla vicenda e non è disposto a ridiscuterla, parlo invece del danno arrecato a un sistema che non ha più pensato in modo unito".

E l'esempio di quanto accaduto e accade ancora in Spagna sembra sostenere la tesi di Marani: "La Liga spagnola, il campionato che più è cresciuto alle spalle della Premier, ha goduto della forza compatta di Real e Barca. Rivali in campionato e in Champions, avversarie sui mercati dell’oriente e nei Palloni d’oro, ma coese nell’obiettivo finale. Risultato? Un Mondiale e due Europei con la Nazionale, cinque Champions di fila, quattro delle ultime cinque Europa League. La Liga ha vinto aprendo le sue Lounge a New York, dandosi una struttura autonoma, trainata dalla potenza commerciale e collaborativa di Barcellona e Real. Noi niente. Da noi ci si è tanto odiati, in compenso. Senza risparmiare vivi e morti. Cartonati contro rubentini, prescritti contro ladri. Tutto così, ogni giorno una valanga di insulti – preferibilmente via social - in un linguaggio astruso, demenziale, di cui ammetto la difficoltà a capirne il significato semantico. Quello che le nostre insegnanti avrebbero definito un linguaggio lutulento, dentro cui ho visto sguazzare ahimè anche qualche collega. Per il Grande Odio si sono bloccati trasferimenti di mercato, si è screditato chiunque cercasse di costruire un ponte, un dialogo fra Milano e Torino. Financo ad Andrea Agnelli, con quello che ha vinto e con quello che ha dato alla causa, hanno rinfacciato il pranzo (poi saltato) con Moratti. È un po’ la storia di un Paese sottomesso, capace di farsi la guerra tra le mura medievali e di lasciare campo aperto agli Imperatori tedeschi, francesi o spagnoli. Invece di Federico, Filippo e Massimiliano, gli invasori di oggi si chiamano Premier League, Bundesliga e Liga".

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