Torna a parlare Marco Materazzi, e lo fa attraverso la Gazzetta dello Sport. Ma stavolta non è la sua Inter al centro dei discorsi, bensì il suo ex allenatore e grande amico Josè Mourinho, che con il Chelsea ha raggiunto la semifinale di Champions: "Era preparato il processo di immedesimazione fra lui e la squadra: mancava solo, e doveva capitare l’altra sera, che quell’alchimia trovasse il punto perfetto di questa stagione. Quello in cui i giocatori vanno in campo e gli danno tutto perché José sa come chiederlo: non lo pretende, semplicemente ti convince che è la cosa più giusta che tu possa fare.
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Materazzi: “Mou, tutto previsto. Quella corsa ricorda il Camp Nou. E Torres…”
Torna a parlare Marco Materazzi, e lo fa attraverso la Gazzetta dello Sport. Ma stavolta non è la sua Inter al centro dei discorsi, bensì il suo ex allenatore e grande amico Josè Mourinho, che con il Chelsea ha raggiunto la semifinale di...
Lui dentro la pelle del Chelsea c’era già entrato anni fa: doveva soltanto legare con quel filo che non si era spezzato i giocatori che non avevano vissuto con lui quel triennio. Era preparata la fusione fra vecchi e ragazzi e bastava guardare Terry per capirlo. O meglio, bastava notare come i suoi compagni più giovani guardavano lui, per sentirsi più sicuri. Era preparato l’approccio alle due partite. Le sue parole alla vigilia, una botta di qua e una di là, dichiarazioni morbide e stilettate, e poi quelle che deve aver detto alla squadra.
Prima della partita di Parigi gli avrà fatto una testa così, perché in tanti sono giovani e un quarto di Champions non l’avevano mai giocato; lunedì e martedì invece deve aver parlato pochissimo, tanto tutti sapevano già cosa fare. Anzitutto un gol presto, prima del 45’. Anche lui sapeva cosa fare: non aveva immaginato di dover rinunciare ad Hazard, ma in panchina sapeva di avere un bambino - lui li chiama così - come Schürrle, uno che avrebbe fatto giocare anche titolare se non fosse che il tedesco, Hazard e Oscar tutti insieme forse sarebbe stato un azzardo troppo grande, per iniziare una partita così.
Il resto era tutto previsto, anche l’ingresso di Demba Ba e il martellamento di palloni lanciati in area: il Chelsea per mezzora non doveva essere più una squadra europea, ma una squadra inglese. E’ per questo che si era preparato almeno da venti minuti anche quella corsa, che a noi interisti ha ricordato tanto lo scatto che fece la notte di Barcellona, ma dopo il fischio finale. L’altra sera no, c’erano ancora 7’ da giocare, la squadra era completamente sbilanciata perché così aveva voluto lui e ognuno doveva sapere esattamente cosa fare per non pagare di persona quel suo azzardo. Per quello abbiamo visto Torres fare il terzino, per quello ero sul divano che ridevo ricordandomi di quando con la maglia dell’Inter lo faceva Eto’o. E pensavo anche: vuoi vedere che mi tocca andare con Davide a Lisbona, il 24 maggio? Gli ho promesso che se il Chelsea va in finale ce lo porto..."
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