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Moratti: “Meazza non rende abbastanza, ho veto su sponsor. Errori su giovani…”

Massimo Moratti ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano francese L’Equipe. Un’intervista tradotta integralmente da FCINTER1908.IT Perché ha scelto di investire proprio nel calcio? “Io ho deciso di seguire la mia...

Alessandro De Felice

Massimo Moratti ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano francese L'Equipe. Un'intervista tradotta integralmente da FCINTER1908.IT

Perché ha scelto di investire proprio nel calcio?

"Io ho deciso di seguire la mia passione, è l'unica buona ragione per investire nel calcio. Se lo si vuole fare solo per guadagnarci è meglio evitare".

E perché ha deciso di lasciarlo ora?

"Dopo tutti questi anni, era la scelta da fare. Anzi, pensavo di restare meno a lungo ma dopo dieci anni ho cominciato a vincere ed era più difficile mollare. Mi sono fatto tentare per qualche anno in più. Ma per un'azienda è una buona cosa, in un certo momento, cambiare uomini e visione. Allora ho cercato investitori"

Non voleva più mettere soldi ogni anno?

"Beh un po' sì, evidentemente. Ma ormai ero anche abituato. Speravo che fossero meno i soldi da mettere ma non diminuivano mai".

Ha ancora potere decisionale?

"No. Sono tutti molto gentili a chiedere il mio parere, i miei consigli ma non decido più niente. Ma ho potere di veto su alcuni temi, come la pubblicità di siti di scommesse, che non ho mai voluto fare. Così hanno fretta che io lasci così da poterle fare (ridendo ndr)

L’Inter del Triplete sembra lontana. E’ la fine di un modello economico?

“Era una situazione molto differente. Una sola persona che rappresenta le speranze, le gioie, la vita di un club. Non eravamo l’unico club a funzionare così. Il calcio italianoha avuto un grande successo grazie a questo modello economico. Il calcio è fatto di artisti, di spettacolo,di sogni, di piacere. Per quello bisogna spendere perché la base sono i grandi campioni”.

Si possono paragonare Inter e Milan a suo avviso?

“Sì, anche se il Milan gli investimenti li fa attraverso una società. Ma era una persona che gestiva questi soldi per investirli nel club. La crisi ha complicato tutto perché non si poteva più essere generosi e spendere gli stessi soldi di prima. E per un club abituato a spendere questo è un cambiamento radicale”.

Tornando indietro, pensa di non aver saputo diversificare abbastanza le spese?

“Non si deve credere che ci faceva piacere spendere così tanto. Ma questa era la realtà italiana. Il merchandising, per esempio, funziona meravigliosamente in Inghilterra. In Italia ci sono sempre delle difficoltà per arrivare a quel livello, dove tutti vanno allo stadio con la maglia della propria squadra addosso. Da un Paese all’altro, le abitudini del cliente cambiano. In Italia il merchandising ha difficoltà a svilupparsi”.

Ha il rimpianto di non aver insistito abbastanza sulla formazione dei giocatori?

“All’Inter abbiamo investito sulla formazione, Balotelli è un buon esempio. Ma il problema è soprattutto far giocare i giovani in prima squadra. O è un vero campione e gioca, oppure preferisci metterti al sicuro con un calciatore affermato e il giovane non gioca mai. Lo cedi in prestito, va a giocare in giro e alla fine non ritorna più. E' importante la disciplina per formare questi giocatori”.

Poi c’è il problema degli stadi...

“Questo è legato alle decisioni del Paese. Si sono fatti stadi per Italia ’90 e sembravano nuovi. In Inghilterra invece hanno fatto stadi meno grandi ma più accoglienti. San Siro è uno stadio magnifico ma non rende quanto potrebbe. Ed è molto grande. In uno stadio più piccolo, la gente ha paura di non trovare posto quindi fa l'abbonamento per essere certa di poterci andare".

Ha fiducia per l'avvenire del calcio milanese?

“Ci vorrà tempo. Oggi, il calcio italiano va abbastanza male. Non sono disperato, ma per rivedere Milano tornare ad essere una piazza di vertice del calcio europeo ci vorranno anni, a mio avviso. Oggi, c’è un distacco enorme rispetto a club come Bayern, Manchester United o Real”.