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Nedved esagera: poco stile ma grande complimento per Marotta. E se la prenda con la Juve che…

Qualche parola sull'uscita infelice del vicepresidente della Juventus

Marco Macca

Perdere un dirigente come Beppe Marotta non è mai cosa piacevole, anche se ti chiami Juventus e domini il calcio italiano in lungo e in largo da sette anni. D'altronde, difficile trovare, a livello mondiale, un manager di livello così alto che sappia unire competenza, esperienza e capacità di innovarsi e tenersi al passo con i tempi sempre e comunque, senza trascurare un tocco geniale per scelte di mercato ed economiche. Insomma, per la Juventus quello di Marotta è stato un addio doloroso e a dimostrarlo sono arrivate le parole di Pavel Nedved rilasciate ieri a DAZN nel prepartita di Torino-Juventus.

Un attacco duro, di certo non elegante, ma che involontariamente ha reso allo stesso Marotta un complimento non da poco. Quando Nedved parla di professionista, non fa altro che mettere in risalto le suddette competenze del nuovo amministratore delegato area sport dell'Inter, dimostrando quando Steven Zhang e tutti i vertici nerazzurri abbiano fatto la scelta giusta nel voler puntare su un dirigente che ha preso la Juventus nel 2010 dalle macerie di un settimo posto, per portarla ai vertici del calcio nazionale ed europeo.

Comprensibile dunque l'evidente "rosicata" del vicepresidente bianconero, comunque non proprio elegante nei termini usati per commentare lo sbarco nel mondo interista di Marotta e quell'abbraccio di ieri a San Siro proprio con Zhang e Zanetti. Ci sta il rammarico per aver perso un pezzo da novanta della scrivania, molto meno toni così aggressivi. Anche perché, se c'è un colpevole in tutta questa storia, quello non è certo Marotta, bensì una società, la Juventus, appunto, che un campione come lui se l'è lasciato scappare per motivi mai del tutto chiariti e con scuse fin troppo deboli per poter convincere anche il più illuso dei tifosi di Agnelli. Il "guardare al futuro" e "svecchiare il managment" non solo cozzano con le capacità di Marotta, a 61 anni ancora nel pieno della sua carriera e apparentemente in grado di insegnare il mestiere a tantissimi dirigenti italiani, ma anche poco rispettose verso un uomo che non ha mai mancato di professionalità e senso di appartenenza verso la società in cui ha lavorato.

Lo stesso senso di appartenenza invocato dallo stesso Marotta nel giorno del suo arrivo all'Inter. Non è un atto di ruffianeria verso i tifosi o la piazza in generale, bensì la ricetta di un uomo che non conosce banalità, ma al contrario sa bene come intraprendere la strada del successo. Insomma, quel "forse non è mai stato juventino" recitato da Nedved non farà piacere ai tifosi bianconeri, ma di sicuro avrà fatto colpo su quelli interisti e sullo stesso Marotta.

Il motivo? Non perché il nuovo ad nerazzurro non avesse in precedenza il "cuore bianconero", ma perché è proprio da questi "dettagli" che si capisce quanto un manager possa essere decisivo: juventino alla Juventus, interista all'Inter. Professionista esemplare in qualunque società e in qualunque contesto. Senso di appartenenza e visioni geniali. Proprio quello che serve ai nerazzurri per tornare grandi.

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