primo piano

Stankovic: “L’assenza di Matrix pesa. Con Moratti abbiamo scritto la storia…”

La 18esima puntata di Click, in onda su Inter Channel, ha come protagonista uno dei maggiori idoli dei tifosi nerazzurri, Dejan Stankovic. Come è di consueto nel programma, Deki ha raccontato in un’intensa intervista fotografica tutti i...

Francesco Parrone

La 18esima puntata di Click, in onda su Inter Channel, ha come protagonista uno dei maggiori idoli dei tifosi nerazzurri, Dejan Stankovic. Come è di consueto nel programma, Deki ha raccontato in un'intensa intervista fotografica tutti i momenti salienti della sua vita, che gli hanno permesso di arrivare ad essere uno dei calciatori più stimati ed amati della storia del calcio serbo e non:

Sullo schermo appare lo stadio di Zemun, città e luogo legato molto all'infanzia del numero 5 nerazzurro: "Si Zemun è una città vicino Belgrado, circa 5-10 minuti. Lì sono cresciuto e ho fatto anche i primi passi da calciatore, ho fatto la mia infanzia e ho avuto i primi amori. Sono molto legato a questa città. Chi mi ha spinto a giocare a calcio? Non lo so, la natura, il destino, nessuno ha fatto pressione su di me, era scritto. Qual è il ricordo più bello che ho di quando giocavo a Zemun? In quello stadio ho giocato con la mia scuola in un torneo dove partecipavano anche  tutte le altre, e gli osservatori della Stella Rossa mi hanno visto".

La prima squadra da professionista è stata dunque la Stella Rossa. Da qui è partita l'avventura dello Stankovic calciatore, insieme all'amico fraterno Pantelic: "Si la Stella Rossa è la squadra del mio cuore. Mi hanno fatto crescere bene, per la prima squadra ho giocato tre anni ma io ho fatto tutta la trafila nelle giovanili. Giocavo anche con quelli di 1-2 anni più grandi di me, in prima squadra sono antrato a 16 anni e mezzo, ho saltato la Primavera, e dagli Allievi sono andato in prima squadra. Chi è il compagno con cui ho legato di più? Il grande Marko Pantelic che adesso sta giocando per l'Olympiacos, in Grecia. Siamo cresciuti insieme e con lui ne abbiamo fatte tante. E' un fratello e l'ho addirittura sposato, ho fatto il suo testimone di nozze".

Arriva la nazionale, nella quale Deki ha vissuto momenti belli come la premiazione per il record di presenze, e momenti meno belli: "Si quella sera non è stata tanto allegra ma il ricordo è rimasto, 102 presenze con la nazionale e me ne manca una per battere il mio amico Savo Milosevic. La partita di addio sarà la 103esima, entrerò nella storia e questo mi fa piacere. Ho giocato per tre nazionali diverse ma l'ho fatto sempre con lo stesso spirito, stessa voglia e tantissimo orgoglio. Com'è la Serbia adesso come nazionale? Ci sono ragazzini che stanno arrivando, siamo ancora senza un ct e vediamo, tra un mese ne sceglieranno uno. C'è tanta qualità e materiale su cui lavorare, io sono molto fiducioso, nonostante il sorteggio per la qualificazione ai mondiali non ci abbia aiutato, perchè siamo capitati in un gruppo difficile. Nella nazionale ci sono stati momenti belli e momenti tristissimi come la partita contro l'Argentina, un paio di qualificazioni mancate e anche quest'ultima per l'europeo per la quale ho sofferto tantissimo. Il momento più bello è quando ho fatto la doppietta nel '98 nello stadio della Stella Rossa e poi tutte le qualificazioni che abbiamo fatto per gli europei e i mondiali, sono ricordi che non si dimenticano mai. Se ho viaggiato tanto con la nazionale? Si, ho viaggiato tanto, ho avuto la fortuna di giocare con grandissimi campioni, parlo del '98 quando sono stato convocato per la prima volta c'erano Mihajlovic, Jugovic, Savicevic,Stojkovic,Mijatovic, c'era gente pesante e mi hanno accolto bene. Da lì in prima persona ho avuto questa possibilità di imparare tantissimo, non dico in campo ma fuori con i comportamenti ecc ecc... ".

Poi un bel giorno spunta la Lazio e l' Italia: "Si,hanno fatto un grossissimo sacrificio per un ragazzino di 19 anni. Il presidente Cragnotti insieme con Erikson hanno parlato con Mancini e Mihajlovic e hanno scommesso su di me e secondo me l'hanno vinta. Ho passato cinque anni e mezzo, quasi sei belli, ho vinto con la Lazio dopo tanto tempo che non lo si faceva e sono stati anni bellissimi, non si possono dimenticare. Come ho fatto a lasciare la Serbia e venire a Roma? Era la prima volta che lasciavo casa mia, ma ho avuto la fortuna di conoscere mia moglie in quel periodo e abbiamo affrontato una nuova esperienza tenendoci mano per mano per affrontare la vita fuori Belgrado".

Dopo Roma, arriva la chiamata da Milano e dall' Inter: "Si, arriva la chiamata da Milano e dal grandisimo presidente. Era una delle città che già conoscevo perchè avevo partecipato ad un torneo con la Stella Rossa, era il periodo nel quale il Napoli vinse lo scudetto, quindi primi anni '90. Il presidente è stato grandissimo perchè mi ha chiamato, e lì non c'era da pensare. E' stata un'unica scelta e mi auguro di portare questa maglia ancora con onore come sto facendo adesso. Per me e per un qualsiasi calciatore l'Inter è il massimo, è straordinario. I numeri di maglia? Alla Lazio avevo il 10 ed era pesante, nella Stella Rossa mi ha portato bene invece. All'Inter all'inizio ho avuto l'11 e adesso il 5 che è il mio numero preferito, è pesante anche questo".

Si parla di amicizia quindi di Marco Materazzi e Sinisa Mihajlovic, due persone con cui c'è un fortissimo rapporto: "Due grandissimi amici, Sinisa ha battezzato i miei tre figli e Marco è stato il primo ad accogliermi qua, a starmi vicino anche nei momenti di difficoltà e devo dire che mi manca. Materazzi ci manca, è un grandissimo amico, un grandissimo professionista, uno che si fa sentire e la sua assenza adesso pesa. Ritornando a Sinisa dico che è più di un amico, è un fratello, è un punto di riferimento nella mia vita. Cosa ho in comune con Marco e Sinisa? Sinisa lo conosco dal '96, sono tanti anni. Marco invece l'ho conosciuto all'Inter e ho avuto la fortuna di scoprire il vero Materazzi, in campo lo giudicano in una maniera diversa ma fuori il campo è un vero uomo, un fratello".

Non possono mancare neanche parole di stima per il presidente Massimo Moratti: "Posso solo togliermi il cappello davanti al presidente. Ci ha dato l'opportunità di giocare per una grandissima squadra, ci ha dato l'opportunità di vincere, e vincere tanto e posso dire solo un grandissimo grazie. Abbiamo scritto la storia del calcio in generale, del calcio italiano e dell'Inter".

La vittoria della Champions League a Madrid per Stankovic è stata la più bella ed importante: "E' stata una serata molto emozionante, mi ricordo che son partito dalla panchina ma avevo la bocca secca per l'adrenalina, per la paura positiva. Ricordo il giro del campo con i bambini, mi ricordo che prima della premiazione guardavo la coppa e mi scendevano le lacrime, non riuscivo neanche a guardarla. Era un sogno diventato realtà, per qualsiasi calciatore è il massimo vincere una Champions League, e vincerla a Madrid in quello stadio è stato indimenticabile. Proprio per questo ridico grazie al presidente".

Goal e Derby. Dejan ne ha giocati tanti nei quali ha anche segnato molti goal, ormai è una bella tradizione: "Si anche in Serbia ho avuto la fortuna di segnare, ho segnato a Roma e anche qui a Milano. Nel primo derby ricordo che ho fatto goal direttamente da calcio d'angolo e poi gli altri anni sono stati belli. I derby che ho vissuto nelle squadra in cui ho giocato sono diversi: nella Stella Rossa quando lo perdevi ero triste perchè ero un tifoso-giocatore ed era un sogno giocarlo a Belgrado. A Roma c'è un derby caldo, molto caldo, si sente molto. Non si usciva da casa due settimane prima dalla partita e non si usciva due settimana dopo la partita. Qui a Milano invece è un grandissimo derby, è uno spettacolo, ci si emoziona ancora tanto..".

Si conclude son la sua Biografia. Stankovic parla di come è partita l'idea di raccontarsi in un libro: "Era il momento giusto, è arrivato un amico giornalista che ho conosciuto quando giocavo nella Stella Rossa nel '94, e mi ha chiesto se mi piace l'idea. Gli ho risposto di si e ogni volta che andavo in nazionale stavo ore ed ore a raccontare la mia vita. L'ho tradotto in italiano con il titolo 'Dejan Stancovic, fortissimamente io' perchè nel mio nome Dejan, 'Ja' significa io. L'edizione serba è ancora più grossa,più importante, con più di 700 foto dentro. Parlo della mia vita dall'inizio fino ad  adesso. Da piccolo per esempio mi mandavano a ballare e nel libro racconto che ero indeciso se continuare con il ballo o con il calcio, per fortuna alla fine sono diventato calciatore".