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Sylvinho: “Inter da 4-3-3, Kondo non è Tourè. Mancio ha un difetto e quando s’inc…”

Vice allenatore, consigliere e tattico. Sylvinho, storico collaboratore del tecnico nerazzurro, svela al quotidiano Tuttosport i retroscena e le curiosità della squadra capolista A lui Mancini si è affidato dal 13 dicembre dell’anno...

Giovanni Montopoli

Vice allenatore, consigliere e tattico. Sylvinho, storico collaboratore del tecnico nerazzurro, svela al quotidiano Tuttosport i retroscena e le curiosità della squadra capolista

A lui Mancini si è affidato dal 13 dicembre dell'anno scorso, "strappandolo" al Corinthians dove era vice in rampa di lancio. Questa settimana, con Mancini in trasferta in Qatar, ha allenato per tre giorni la squadra.

INCONTRO - «Ci siamo conosciuti a fine 2009, quando Roberto è diventato allenatore del Manchester City. Lui era nuovo, voleva conoscere l'ambiente e si affidò ai più anziani dello spogliatoio. Il feeling è scattato subito». 

PRECEDENTE - «Nel 2009 mi chiese di diventare suo assistente, ma io avevo 36 anni, la testa ancora da calciatore e dissi no. Che stupido! Persi l'opportunità di lavorare con un grande allenatore. Se ci ripenso...». 

BRASILE RAMPA DI LANCIO - «E' vero, entro 2-3 anni sarei diventato primo allenatore, ma quando Roberto mi ha chiamato, stavolta ho detto sì. Ho parlato con persone a me vicine e tutti mi hanno detto di venire all'Inter: "Silvio devi andare, perché una cosa è essere stati giocatori di grandi squadre, un'altra è allenare in quelle squadre". E così, eccomi qua». 

IL SECONDO MANCINI - «come l’ho ritrovato? Più o meno simile. Penso che abbia sorpreso più voi italiani, perché mi dicono che sia diverso rispetto a com'era quando lasciò l'Inter nel 2008. L'Inghilterra l'ha cambiato, perché quando fai esperienze all'estero aumenti il tuo bagaglio culturale. Penso che Roberto oggi sia più sereno rispetto a dieci anni fa». 

TIPOLOGIA - «Un vincente. Lui sa di essere forte e così non è geloso delle persone che lo circondano o degli avversari. Io ho lavorato con 4-5 allenatori e questa cosa si nota subito se uno ce l'ha. Lui sa quello che vuole, dice in faccia quello che pensa. E' intelligente e bravo nella gestione del gruppo». 

PREGI E DIFETTI - «La sicurezza. Difetto? Non so se si può definire così, ma quando si incazza, Roberto si incazza». 

METICOLOSO - «Non molto, moltissimo. Roberto è esigente, per questo ama i giocatori di personalità, che sanno prendersi le proprie responsabilità. E poi ha un problema…un gran piede. Cerco di spiegargli che il suo livello tecnico è troppo alto, non è facile mettere la palla dove dice lui, a 60 metri di distanza. Anni fa, quando giocavo, iniziò ad allenare Zico e io mi chiedevo: "Come fa ad allenare uno come lui? Cosa potrà mai pretendere dai suoi giocatori?». 

FUORI DAL CAMPO - «Rapporto? Buono, qualche volta abbiamo fatto delle cene, però non esageriamo sennò passiamo troppo tempo insieme (ride, ndr)». 

PARLIAMO MOLTO - «Sì, perché guardiamo la gara con due focus diversi. Lui è concentrato su di noi, sulle cose provate in settimana e dà indicazioni. Io invece seguo di più gli avversari, penso a come abbiamo studiato i loro movimenti e dico a Roberto cosa c'è da aggiustare se cambiano atteggiamento». 

PIZZINI - «Sì sì, assolutamente. La prima cosa che mi ha detto Nuciari è stata: "Portati un blocchetto in panchina durante le partite". In campo ho capito subito perché». 

MODULI E SCHEMI - «A me piace il calcio da conservatore, una formazione precisa nella quale fare solo aggiustamenti. Anche Roberto la vede così, ma l'Inter è in costruzione e ha tanto potenziale. Abbiamo cambiato tanto dall'anno scorso e per questo, non avendo ancora raggiunto una quadratura, spesso cambiamo e spostiamo magari un giocatore di qualche metro, per ottenere il miglior risultato in quel momento». 

GIOCO - «Roberto per primo ha detto che vuole che giochiamo meglio, però intanto vinciamo. Lui è un martello, vuole che giochiamo bene a calcio, che i terzini spingono, che le mezzali si inseriscano, che i trequartisti entrino in area per segnare. Non è facile, ma col tempo si può fare. Intanto abbiamo sistemato la fase difensiva». 

DIFESA - «Anche, ma è l'atteggiamento che fa la differenza: perché uno può allenare duramente la squadra e dare le proprie indicazioni, ma poi in campo la domenica vanno i giocatori, le ultime scelte spettano a loro. Detto questo, Miranda è un grandissimo leader, ha fatto prestazioni importanti». 

MODULO UFFICIALE - «Penso che questa squadra sia da 4-3-3 perché non abbiamo un vero trequartista per giocare col 4-2-3-1. Ljajic può farlo, ma gli piace partire largo a sinistra. Jovetic e Icardi incompatibili col tridente? Diciamo che Stevan non è un esterno puro, ma si muove molto e si può giocare con quattro difensori, tre centrocampisti e tre uomini offensivi non per forza posizionati in linea». 

ICARDI - «Quanti gol ha fatto la scorsa stagione? Diamogli tempo, anche l'anno passato nei primi mesi segnò alcuni gol, ma non tantissimi. Mauro può fare 25 gol, noi lo aspettiamo perché è fortissimo, si deve solo sbloccare. Icardi tornerà a segnare e l'Inter giocherà meglio, ma vale anche il discorso opposto: l'Inter giocherà meglio in attacco quando Icardi tornerà a segnare». 

KONDOGBIA - «Nelle ultime partite è cambiato qualcosa a livello di aggressività, è cresciuto perché sta capendo come funziona il calcio italiano. A volte lo abbiamo messo in panchina per proteggerlo perché ha solo 22 anni: lui questo l’ha capito. Come Yaya? Hanno caratteristiche diverse, perché Touré a 22 anni era tecnicamente molto fino e con un gran tiro dalla distanza. Kondogbia forse non ha queste doti e non se se fra 5-6 anni le avrà, ma sicuramente avrà le sue caratteristiche che lo faranno diventare uno dei più grandi centrocampisti al mondo».