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Thiago Motta: “L’Inter porrà fine al dominio Juve. Mou? Un vincente. Dopo il Triplete…”

L'ex centrocampista nerazzurro si racconta, fra ricordi e obiettivi futuri

Fabio Alampi

Dopo una carriera ricca di trionfi tra Barcellona, Inter e Paris Saint Germain, Thiago Motta ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e di iniziare una nuova vita da allenatore, partendo dalla formazione Under 19 del club parigino. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex centrocampista della Nazionale si è raccontato, fra ricordi e obiettivi futuri.

Come definisce Mourinho?

Un vincente. Nel senso che lui in testa ha solo un obiettivo: vincere. Non gli interessa lo spettacolo. Mourinho ha due facce: una felice quando vince, una incazzata quando perde. Il suo umore cambia in base al risultato. Se hai giocato bene, ma hai perso, lui non riesce a trovarci niente di positivo. Mentre se vince giocando malissimo è felicissimo. La partita di Mourinho si gioca nelle due aree. La sua in cui devi morire pur di non far segnare l'avversario e quella avversaria in cui devi affondarlo. Il centrocampo è un fastidioso percorso tra due campi di battaglia. Se viene saltato, meglio: il tiqui taca non gli appartiene. Mou non cerca il bello, cerca un nemico, se non ce l'ha lo crea. Con l'Inter avevamo 11 punti di vantaggio in campionato, perdemmo una partita e ne pareggiammo un'altra. Il lunedì fece una conferenza, parlò 15 minuti di fila attaccando tutti: Galliani, il Milan, la Roma, gli arbitri, la Juve... Doveva ricaricare l'ambiente.

Quanto fu difficile gestire quell'Inter piena di campioni?

Lo sarebbe stato per molti, ma per lui fu facilissimo. Mou ama la gente di personalità e quell'Inter ne aveva in quantità industriale. "Se vado in guerra mi porto Lucio", disse una volta. Aveva ragione. Quando vedevo Lucio al mattino capivo subito se era il caso di salutarlo o lasciarlo stare. Lui e Samuel in allenamento erano tranquilli, in partita diventavano due bestie feroci. Ma anche Cordoba non scherzava. Poi c'era Eto'o, un leader vero, Maicon con una personalità enorme, Sneijder che fu preso la sera prima del derby e il giorno dopo fu il migliore in campo.

Si dice che la forza di Mou sia convincere i giocatori a morire per lui.

Non è esattamente così. La forza di Josè è convincerti a morire per il tuo compagno e per la squadra, non per lui.

L'Inter del Triplete è la squadra migliore in cui ha giocato?

Era fortissima, poteva e doveva durare un paio di anni dopo il Triplete. Ma ce ne sono state altre. Giocare nel Barcellona a centrocampo con Xavi, Iniesta e Deco è stato un godimento. Ma io stravedevo per il Psg del 2016 con Blanc in panchina: con Ibra, Thiago Silva, Lavezzi, Cavani. Un gruppo di pazzi, una sporca dozzina. Fummo eliminati dal City, ma potevamo vincere la Champions.

Chi è la favorita per la Champions?

Cinque squadre: il Barcellona, il Real di Solari, il City che è la squadra che gioca meglio, il Psg e poi la Juve di Ronaldo. In finale la Juve c'era già arrivata. Gli serviva il giocatore che le finali le decide e le fa vincere. Lo ha preso.

Nessuna sorpresa?

La Roma la scorsa stagione ha dimostrato che tutto può accadere. L'Inter può essere la valvola impazzita quest'anno. Nella doppia sfida molto dipende dagli infortuni, il momento, il sorteggio se ti dà una mano… Dai quarti fino alla finale: l'Inter non deve porsi limiti. Ma resta una sorpresa e non credo possa vincere.

Neanche il campionato?

No, non è ancora pronta. Ma la Juve non deve diventare una scusa per le altre: non vincerà per sempre. Nessuno lo fa. Smetterà. E credo che sarà l'Inter a interrompere questa monarchia.

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