primo piano

Thohir: «Ecco la mia ricetta per salvare il calcio italiano. L’Inter in 2 anni dovrà …»

È l’uomo del momento, martedì è sbarcato a Milano Malpensa il presidente nerazzurro Erick Thohir divenuto ufficialmente tale il 15 novembre 2013. Da quel 15 novembre è quasi passato un anno, ma Erick Thohir a certe nostre abitudini...

Lorenzo Roca

È l'uomo del momento, martedì è sbarcato a Milano Malpensa il presidente nerazzurro Erick Thohir divenuto ufficialmente tale il 15 novembre 2013. Da quel 15 novembre è quasi passato un anno, ma Erick Thohir a certe nostre abitudini (spaghetti compresi) deve ancora farci l’occhio. Una tazza di tè, poi il presidente dell’Inter inizia a spiegare i suoi progetti. Colorati di nerazzurro, ma non solo. La Stampa di oggi gli dedica una lunga intervista. Qui Thohir parla del suo impatto con il calcio italiano:

«Quando sono a Washington e vado a trovare i ragazzi della mia squadra, i Dc United, giro tranquillamente in jeans e maglietta, c’è chi mi riconosce e chi no. Da voi i tifosi sono scatenati, non posso uscire che mi circondano. Sono diventato più italiano, mangio più pasta e ho preso anche qualche chilo».

Se l’aspettava così il calcio italiano? 

«Mi aspettavo di trovarvi in una situazione di difficoltà, bastava confrontare la differenza tra i vostri ricavi e guadagni con i top club europei. Ma sapevo anche che questo è il torneo più duro di tutti, dove non c’è nulla di scontato. Il livello tecnico tattico è più alto, non dominano solo due squadre ma c’è un gruppo molto competitivo. In Germania, tanto per fare un esempio, se il Bayern affronta una squadra medio-piccola vince sempre con tanti gol di scarto, in Italia può succedere anche il contrario». 

Che cosa l’ha sorpresa invece? 

«Ero convinto che le cose qui andassero molto lentamente per troppa burocrazia invece ho trovato dirigenti ben disposti alla discussione. Un esempio? In due-tre mesi hanno recepito i miei suggerimenti per rendere più appetibile il prodotto italiano sui mercati internazionali, specialmente quelli orientali. Non avevo la pretesa di insegnare nulla, ma mi hanno dato retta inserendo un’altra finestra per le partite al sabato pomeriggio, quella delle 15». 

Basterà per salvarci? 

«È un inizio, ma è necessaria anche la riforma dei campionati. Venti squadre sono troppe, bisogna scendere a 18 per aumentare la competitività del campionato. Per fortuna l’esigenza è stata compresa, c’è l’intenzione di accelerare i tempi. Non possiamo più rimandare questa decisione, i club italiani stanno soffrendo troppo». 

Esiste una ricetta per ridurre il gap con i grandi club europei? 

«Rendere il prodotto calcio più ricco in tema di diritti tv, diminuire il numero delle squadre e non ultimo aspetto, avere degli stadi adeguati alle nostre esigenze. Con il Milan e le istituzioni dobbiamo portare avanti delle strategie condivise che ci permettano di migliorare lo stadio di San Siro - questo è stato il tema del pranzo di ieri con Barbara Berlusconi a Macherio -, nel 2016 ospiteremo la finale di Champions League, sarà un grande privilegio». 

Magari anche giocarla... È questo che manca al brand della sua Inter per diventare davvero mondiale? Oppure un grande giocatore? 

«Sarebbe un sogno vincere... Tutti noi conosciamo la storia dell’Inter, in due anni vogliamo tornare tra i dieci club più forti del mondo. Sul campo dobbiamo dare continuità alla presenza in Europa, e stiamo andando in questa direzione. Fuori, invece, serve una forte struttura manageriale. E anche qui, ho scelto le persone giuste». 

In mezzo ai problemi, c’è qualcosa che esporterebbe dal nostro Paese? 

«Il vostro sistema di crescere i giovani».