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Cordoba: “Non voglio allenare. Inter? Sempre grato per un motivo. 4 i tecnici decisivi. Questa squadra…”

Ivan Ramiro Cordoba, che ha lasciato l’Inter la scorsa estate, ripercorre le tappe della sua carriera in nerazzurro, una carriera che l’ha trasformato ben presto in un idolo per la tifoseria della Beneamata: “I primi anni sono...

Daniele Mari

Ivan Ramiro Cordoba, che ha lasciato l'Inter la scorsa estate, ripercorre le tappe della sua carriera in nerazzurro, una carriera che l'ha trasformato ben presto in un idolo per la tifoseria della Beneamata:

"I primi anni sono stati piuttosto difficili perché lavoravamo duro, con grande impegno, per ottenere dei risultati ma non riuscivamo a far felici i nostri tifosi", racconta il colombiano al Sunday Times of Malta.

"Era dura per noi perché, quando finisci il campionato a mani vuote in un club come l'Inter, è veramente difficile. Ne parlavo spesso con Zanetti e ci consolavamo a vicenda, ci dicevamo che questa situazione doveva cambiare, che prima o poi sarebbe cambiata, e che il nostro lavoro avrebbe dato i suoi frutti. Poi abbiamo vinto la Coppa Italia e questo c'ha tolto un enorme peso, quello di non aver mai vinto niente di importante. Da quel momento, abbiamo intrapreso una lunga strada di vittorie che c'ha aiutato a dimenticare il periodo brutto"

LE VITTORIE - "Ogni vittoria con l'Inter è stata importante, così come il gol in finale di Coppa America. E' difficile scegliere un momento in particolare perché sono stati tutti bellissimo. Vincere ti scatena la voglia di continuare a vincere, ancora e ancora. Quando aspetti così tanto, poi ne vuoi sempre di più. Vuoi continuare a vincere, diventa una splendida abitudine.

IL NO AL REAL MADRID - "No, non è stato difficile dire no al Real perché io volevo solo l'Inter. E' vero che il Real mi voleva perché l'allenatore del San Lorenzo, in quel periodo, era Oscar Ruggeri. Mi aveva dato grande fiducia, ero seguito da tanti club e lui aveva un gran rapporto col Real. Mi consigliò di firmare per il Real. Dovevo firmare per l'Inter e arriva il presidente del San Lorenzo e mi fa: guarda Ivan, il Real ti paga di più e paga di più anche noi. Ma io risposi: ascolti presidente, con tutto il dovuto rispetto, so che per lei questo è importante ma io ho già deciso, voglio andare all'Inter. Nella mia testa, nel futuro c'era solo l'Inter e sono rimasto ferreo nella mia decisione".

CUPER - "E' stato uno degli allenatori più importanti, è arrivato in un momento estremamente particolare nella storia dell'Inter. Quando prese l'incarico, cercò di unire club e squadra sotto un'unica disciplina. Siamo andati vicini a vincere ma lui ha posto le basi delle successive vittorie. Dopo Mancini ha trovato un terreno fertile e ha potuto lavorare più facilmente. Cominciare a vincere con Mancini ha rimosso quel blocco, c'ha dato grande fiducia, un'altra mentalità. Poi è arrivato Mourinho e c'ha fatto fare quel salto di qualità per vincere quello che la gente sognava dopo tanti scudetti. I tifosi sognavano la Champions e anche noi. Era dura ma il lavoro fatto da Cuper, Mancini e Mourinho alla fine ha dato i suoi frutti. Un altro tecnico che ha fatto un pezzetto di storia è stato Leonardo. Ha preso un gruppo che stava cominciando ad avere dei dubbi e restituito fiducia, così siamo riusciti a vincere la Coppa Italia e sfiorare lo scudetto. Devi imparare da ogni allenatore ma questi quattro, il modo in cui gestiscono la squadra, sono stati fondamentali. Quando gestisci grandi campioni devi solo metterli in grado di mostrare le loro qualità e tenere unito il gruppo".

L'INTER DI ORA - "Secondo me può fare meglio. Devono trovare serenità, quella serenità che consentirà loro di mostrare le loro qualità, quelle per cui sono stati presi dall'Inter. Quello che non capisco è: hanno tante qualità ma non riescono ad esprimerle. Sono stati presi dall'Inter perché sono buoni giocatori. Quello che manca? Credo che manchino le giuste condizioni, da fuori, per permettere ai giocatori di mostrare il loro potenziale"

IL PIU' FORTE DI TUTTI - "Per me il più forte resta Ronaldo, il brasiliano. Quando è tornato dal secondo infortunio, è normale avesse un po' di paura. Non faceva le cose che faceva in allenamento durante le partite, cose difficili da descrivere. Ma non ho mai visto niente di simile dopo il suo ritiro. Faceva delle finte da lasciarti a bocca aperta. E' stato il giocatore più spettacolare che io abbia mai visto. L'avversario più duro? Shevchenko. Era bello giocare contro di lui, ci metteva sempre tanta intensità. Contro uno così dovevi dare sempre più del 100%.

L'ADDIO ALL'INTER - "Sarò sempre grato all'Inter perchè ha reso meno traumatico il passaggio da giocatore a dirigente. Mi sono fermato a giugno, quando sono tornato ero team manager. Ero sempre con la squadra, agli allenamenti, per cui mi mancava solo giocare. Ma ero sempre col gruppo, cercando di dare loro una mano e questo era importante per me. Non ho sofferto per l'addio al calcio così, stavo comunque lavorando per l'Inter. Ora ok, è finita ma la vita va avanti e faremo un altro lavoro. Allenare ? No. Per ora non mi interessa, forse in un futuro lontano. Allenare non mi ha mai veramente interessato. Mi sarebbe piaciuto essere allenatore dei difensori, prepararli, fare un lavoro specifico, questo sì ma allenare una squadra no, non mi ci vedo. Mi piace allenare i giovani, mi piace condividere con loro la mia esperienza e dare loro consigli".