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Crespo: “La mia storia all’Inter, nata per Ronaldo. L’euroderby, il 2006, Mou e…”

L’ospite di oggi di Inter Legends, trasmissione di Inter Channel dedicata ai miti della storia recente nerazzurra, è Hernan Crespo. El Valdanito, o Arma Letale come era chiamato durante il periodo nerazzurro, racconta i suoi trascorsi....

Daniele Mari

L'ospite di oggi di Inter Legends, trasmissione di Inter Channel dedicata ai miti della storia recente nerazzurra, è Hernan Crespo. El Valdanito, o Arma Letale come era chiamato durante il periodo nerazzurro, racconta i suoi trascorsi. FCINTER1908.IT segue live la puntata e ve la riporta:

RIVER - "Ho iniziato quando avevo 6 anni, fino ai 10 anni titolare. Ma dai 10 fino ai 16 panchina, ero il 12esimo uomo. Poi è arrivato un allenatore e mi ha dato fiducia ma l'anno dopo giocai 21 partite e feci 23 gol a 17 anni. Da lì è cominciata la cavalcata, poi la finale della Libertadores del '96 è stata la ciliegina".

PARMA - "8 milioni? Mi presero prima della Libertadores, furono bravi i dirigenti del Parma. Mi videro nel pre-olimpico e fissarono subito il prezzo. Nessun dirigente del River poteva immaginare che io esplodessi, diventai capocannoniere della Libertadores, delle Olimpiadi, superando addirittura Ronaldo. Non se lo aspettavano. Il presidente dell'Argentina disse: non si può vendere Crespo a quelle cifre".

AMBIENTAMENTO - "Io dovevo leggere i miei compagni, non avevo il destro di Bati, il sinistro di Signori, la velocità di Gervinho, il colpo di testa di Bierhoff. Avevo un po' di tutto ma dovevo capirmi con i compagni. Io arrivo al Parma il 14 agosto e non faccio il ritiro. Pronti via mi trovano dei problemi alle ginocchia. A San Siro gioco titolare per la prima volta e dopo due minuti faccio gol. E poi c'ho messo 3-4 mesi per risegnare ancora. Non dobbiamo dimenticare una cosa: non c'erano le date Fifa, si giocava in Sudamerica a metà settimana e poi si tornava in Italia. C'era tanta pressione. Ancelotti disse: Crespo non si tocca e Zola va al Chelsea. C'era meno informazione, non era assolutamente semplice. La squadra all'epoca era quartultima fino a dicembre e poi ci sblocchiamo tutti quanti. Andammo a San Siro con il Milan, Cannavaro si sposta centrale con Thuram, io comincio a giocare con Chiesa, arriva Stanic e da lì facciamo una cavalcata incredibile e arriviamo secondi con una partita indigesta contro la Juve. Andiamo in vantaggio ma poi fischiano un rigore per la Juve..."

RONALDO - "Non c'è paragone, Ronaldo ha cambiato il modo di vedere il calcio e un centravanti. Ronie era Ronie, era diverso da tutti, era il Fenomeno. Il colpo di testa? Era talmente forte in tutto il resto. Io avevo un po' di tutto ma ero frutto del lavoro. Lui aveva una velocità, un dribbling che faceva paura. Si poteva permettere di camminare per il campo ma sapevo che con 4-5 fiammate risolveva tutto. Sono veramente i fenomeni. Ronie era di un'altra dimensione"

LAZIO - "Il primo anno fu difficile, iniziamo con Eriksson. Venivamo dallo scudetto, forse si sono rilassati. Si viveva sugli allori, Eriksson decide di allenare l'Inghilterra. La società prende Poborsky, Zoff allenatore e da quel momento diventa una squadra pazzesca. Facciamo una cavalcata e con chi finisce? Con l'Inter a Bari. Avevo fatto gol, avremmo vinto lo scudetto vincendo. Ma Dalmat si inventò questo gol all'incrocio ed è finita lì".

DOPO IL 5 MAGGIO - "Il secondo anno della Lazio porta le conseguenze che si vedranno più avanti. Si provava a tenere in qualche modo, era una questione economica. Vanno via Nedved e Veron, vengono Mendieta e De La Pena. Cambia e si provava a tenere la Lazio in alto ma era difficile, si vedevano le problematiche. Quell'estate veniamo venduti io all'Inter e Nesta al Milan. Ricordo che ero con la Lazio, giocavamo in amichevole contro la Juve all'Olimpico. Dovevamo trovarci al mattino, al che mi chiama il mio agente e mi dice: guarda che non giochi perché entro poche ore si decide il tuo futuro. O vai al Real Madrid o all'Inter. Avevamo un accordo con entrambi. Da che dipende? Da Ronaldo. Se Ronaldo va tu vai all'Inter, altrimenti vai al Real Madrid".

VIERI - "E' una persona straordinaria, arrivato all'Inter mi ha fatto sentire subito bene. Quando entri in uno spogliatoio dove c'è un grande centravanti fanno un po' la primadonna. Mi è successo al Chelsea con Drogba, Shevchenko. L'unico che mi ha aperto il cuore e le porte è stato Bobo. Grazie a Cuper e al suo modo di giocare ho imparato il colpo di testa. Non giocavamo a terra come ero abituato. E io mi sono detto: se non divento forte di testa qua non faccio mai gol. E imparando è diventato un punto di forza".

L'INFORTUNIO - "Mi faccio male contro il Modena e io aprivo e chiudevo la Pinetina pur di tornare. Ho passato tre mesi per recuperare e ho fatto un recupero record. Mi ero strappato, mi ero distrutto. Ero tutto nero, era una cosa orrendo, mi si era staccato l'osso. E pur di tornare ho fatto di tutto. E a Brescia, nove contro undici, mi dico: entra e fai quel che puoi e invece faccio gol al 93'. E' stato bellissimo. Contro il Modena non avevamo gente per giocare. Io dissi a Cuper: mister non posso tirare in porta perché mi fa male. Posso correre ma non posso tirare, mi fa troppo male. Il Chino mi dà una palla stupenda e io mi sono aperto come una ballerina. E' stato talmente forte il dolore che non sapevo neanche che cosa mi fossi rotto, è come se avessi fatto l'intervento di pubalgia senza anestesia. Mi sono strappato tutto. Sono tornato in tempi record ma non ero ancora io"

EURODERBY - "Giocammo senza Bobo, c'è da dirlo. E questo conta. Giocava il Chino ma Bobo contava. Ci sono state situazioni particolari ma il calcio è questo. Un amico mi ricordò: noi non abbiamo perso, abbiamo pareggiato la semifinale. Non passiamo noi per una monetina, per il campo in trasferta. E questo permise al Milan di inanellare vittorie".

CHELSEA - "E' stata dura, non volevo andare via dall'Inter. Me ne corro via piangendo dalla Pinetina perché sto male. L'affetto che mi ha dato la gente dell'Inter è stato impressionante. Mai mi hanno fatto pesare che ero il dopo-Ronaldo. Siamo arrivati secondi dietro la Juve stranamente, poi...(si è saputo perché ndr). Andare via mi dava molto fastidio, sono stato sempre un sognatore e non ho mai sognato di giocare in Premier. Sognavo di vincere lo scudetto in Italia. La dirigenza aveva deciso e io accettai. Non sono mai stato uno che restava dove non era voluto. Sono andato al Chelsea dove m'hanno trattato benissimo ma era tutto assolutamente nuovo. C'era Ranieri ma era stato messo dal vecchio presidente. C'era la vecchia guardia con i nuovi, era una situazione molto difficile ma non era il Chelsea di adesso. Eravamo secondi dietro gli invincibili dell'Arsenal e semifinale di Champions League".

MILAN - "Il calcio ti fa sorridere. Porto questo mio amico interista a Istanbul e lui non poteva dirmi di no. Succede quello che succede e una settimana dopo io ero distrutto. Qualche giorno dopo l'Inter gioca la finale di Coppa Italia contro la Roma. Lui era a San Siro e la curva dell'Inter aveva iniziato a cantare 'perché perché alla coppa ci tenevi per davvero' e lui mi chiama e mi dice: mi dispiace amico mio ma io devo cantarla, sto godendo troppo. E' stato molto brutto, ero distrutto dopo Istanbul ma è il bello del calcio. Sembrava troppo bello per essere vero a fine primo tempo. E' diventato un incubo dopo, i ragazzi si sono rifatti poi ma io no".

MOURINHO - "Conosco José e lui mi fa: tu sei il centravanti del Chelsea, arriva Drogba ma si deve adattare. Io gli dissi sinceramente che Ancelotti mi voleva al Milan. Io vado al Milan e loro prendono Kezman. Io torno al Chelsea dopo Istanbul e facciamo un anno straordinario, era una squadra impressionante. Un vero squadrone. Facciamo 95 punti ma solo perché le ultime due partite non c'era nessuno di noi perché preparavamo il Mondiale. Altrimenti avremmo fatto 100 punti"

INTER 2006 - "Riesco a fare quello che volevo. Esco dal Chelsea da vincente, avendo vinto la Premier. Ma dentro di me pensavo: io non ho mai vinto lo scudetto. Volevo tornare in Italia perché ero arrivato tre volte secondo dietro la Juve. Mi infastidiva questa cosa qua. Mi chiamano in sede al Chelsea e mi dicono che volevano farmi firmare a vita al Chelsea, me lo dice Abramovich in persona. E io risposi: sinceramente non è la mia intenzione, vorrei tornare in Italia, ho questo conto in sospeso. E lui mi disse: cosa vuoi? L'aereo privato, appartamenti. Io risposi di no.  E lui mi disse: non ti capisco, la gente ti ama, il presidente ti offre un contratto a vita e tu vuoi tornare dove c'è Calciopoli? Io risposi di sì e a fine campionato mi chiamò il procuratore che il Mancio mi voleva all'Inter. Volevo festeggiare lo scudetto sul campo. Volevo tornare all'Inter e concludere quello che si era aperto un paio d'anni prima"

SUPERCOPPA - "Non doveva giocare quella partita, ero arrivato a fine mercato. Mi allenavo da poco dopo il Mondiale in Germania, non ero in forma. Ero in panchina, 3-0 e il Mancio comincia a guardarmi. Segna Vieira e Mancio mi mette. Tornavo all'Inter dopo un passato milanista, non lo sai come la gente la può prendere. Per uno emotivo l'impatto conta. Ma io avevo una grande rabbia dentro: non mi posso presentare perdendo una coppa, pensai. Ho detto no a tante cose, ho scommesso su un sogno, non posso cominciare col piede storto. Non ero in grado di giocare ma avevo una voglia pazzesca. Deki mi pennella un cross e faccio il 2-3. Avevamo tutti rabbia, sogni, comuni idee con la gente dell'Inter. Con quel gol si rialzò San Siro e io mi gasai tantissimo e pensai: possiamo fare una stagione della madonna".

CAMPIONATO 2006 - "Il derby? Facemmo un derby da Inter. Eravamo nettamente superiori, andammo sul 4-1, venne espulso Marco e Vieira si fece male. Eravamo in nove, Vieira discusse con Sinisa perché non capiva che non poteva sostituirlo. Potevamo fare 5-6 gol al Milan e invece fummo costretti a soffrire fino all'ultimo secondo. Iniziamo sapendo che dovevamo vincere a tutti i costi, c'era grandissima pressione: non c'erano più scuse. Ma avevamo gente per sfondare e quindi la pressione la prendemmo di petto. Il rivale non era il Milan ma la Roma. Vincemmo a Roma con un mio gol e facemmo subito capire che non ce n'era per nessuno ma subito a inizio campionato. Non ce n'era per nessuno. Non ci bastava vincere, volevamo stravincere. Avevamo una fame pazzesca ed è per quello che facemmo le 17 vittorie consecutive"

200 GOL - "Contro il Parma feci i 200 gol in Europa. Era motivo di orgoglio. Il mio primo gol lo feci contro l'Inter con il Parma, il 200esimo contro il Parma con l'Inter. Era la ciliegina su una stagione da incorniciare. Fu una cavalcata fantastica, avevamo una fame pazzesca. Dopo tante sofferenze, sia gli interisti che io, potevamo dire vittoria. Non hai idea di quanto mi sono goduto quello scudetto. E credo anche per Moratti. Era il primo scudetto sul campo, la gente aveva bisogno di festeggiare. E non avevamo vinto, avevamo stravinto".

SCUDETTO 2007-2008 - "E' stato scudetto difficile, per come è finita la stagione, con l'addio di Mancini. Più che festeggiare è stato un sollievo. Risolse Ibra ma Ibra dopo Liverpool non c'era più. Arrivammo al Tardini e mi ricordo la faccia della gente: se non vincete vi ammazziamo, non possiamo perdere. E' stato più un sollievo che una festa"

MOURINHO ALL'INTER - "Era la prima stagione di Josè ma anche la fine di tanti di noi. Si erano create una serie di situazioni per cui avevo trovato poco spazio. Sapevo che non mi avrebbero rinnovato il contratto. A gennaio mi chiamò il Real che si era fatto male Van Nisterlooy e io rifiutai. Io dissi: non voglio andare via dall'Inter, voglio vincere ancora con l'Inter e voglio finire con l'Inter. E alla fine feci il gol scudetto contro il Chievo e festeggiammo in ritiro perché l'Udinese vinse contro il Milan. Aver fatto di quell'Inter vincente è stato bellissimo"

IL RITORNO A PARMA - "Vado al Genoa, Preziosi aveva fatto i conti sull'Europa League. Ma arrivò il Parma. Io ho smesso di giocare a 36 anni ma ho smesso quando sono andato via dall'Inter. Il Crespo vero è finito all'Inter. A Parma fu un atto d'amore. Non ero mentalmente io, fisicamente io. Avevo dato tutto e l'anno dopo mi ritirai, avevo sempre lottato per vincere e lottare per non retrocedere non era per me. Sono veramente orgoglioso di quello che ho fatto, guardando indietro sono contentissimo".