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Boniek: “Superlega per aiutare il calcio? Rido. Se penso a top club in mani…”

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Lunga intervista ai microfoni del Corriere dello Sport da parte dell'ex calciatore di Roma e Juve e oggi vicepresidente Uefa Boniek

Alessandro De Felice

Zbigniew Boniek, ex calciatore di Roma e Juventus e ora presidente della federcalcio polacca e vicepresidente della UEFA, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Corriere dello Sport per parlare della Superlega: "Ho letto le interviste ad Andrea Agnelli. E ho scoperto che si voleva fare la Superlega per aiutare il mondo del calcio. Mi viene da ridere. Ad avere problemi economici sono proprio quei club lì. Perché non sanno gestire le loro risorse. L’ossessione di vincere ha sconfitto il controllo sui costi. Leggo ancora Agnelli sul vostro giornale: “Le istituzioni sportive detengono il controllo delle manifestazioni, il rischio economico ricade esclusivamente sui club”. Ma scusa, Andrea, perché in anni di esecutivo Uefa non te ne sei lamentato? Senza contare che l’Uefa reinveste i proventi sul movimento".

Che cos’è che non la convinceva della Superlega?

"Potrei rispondere per bene se sapessi che cosa avrebbe dovuto essere, questa Superlega. La Champions che abbiamo oggi non è una Superlega? Quelle dodici squadre sono già dentro. Insieme con altre venti. Il punto è che in Champions il merito sportivo è fondamentale e va al di là del business".

In effetti quei cinque posti da distribuire ai meritevoli sapevano un po’ di elemosina.

"Oppure di contentino".

Il calcio è impermeabile al rinnovamento?

"No, però ci sono peculiarità storiche e culturali che non cedono il passo a comando. Per esempio: è convinzione comune che i campionati nazionali siano alla base di tutto. Sacri, come il principio di competizione. Lì si misura il merito attraverso il quale si viene promossi alle competizioni europee. Che sono come un ristorante di lusso. Ma non di quelli in cui puoi entrare solo se sei un socio o un amico di qualcuno".

Come si libera il calcio dall’emergenza economica?

"La Champions League attuale è un torneo fantastico. Le ultime due stagioni secondo me sono state entusiasmanti. Dal 2024 cambierà qualcosa, crescerà il numero delle partite, ma non tanto da stravolgere il meccanismo. Dobbiamo essere realisti: non esiste al mondo una competizione che si venda così bene da coprire tutte le spese dei club se questi non sono in grado di controllare le proprie ossessioni. E non possiamo dare la colpa di tutto al Covid".

La riforma della Champions potrebbe essere anticipata come risposta a questa crisi?

"Non lo so, non credo. Il 95% dei diritti televisivi per il triennio è stato già venduto. Inoltre qualsiasi cambiamento della formula ha bisogno di tempo per essere messo a punto. Semmai si potrebbe apportare qualche piccola modifica, perché tutto è migliorabile".

I dodici club secessionisti avevano torto, ma non è che l’Uefa sia innocente.

"Suppongo di no: i problemi del fair play finanziario, l’esplosione degli ingaggi. Non era facile tenere le redini. Ora bisogna prendere atto dei cambiamenti. Riflettere sul fatto che i giovani non guardano la televisione, preferiscono i dispositivi portatili. Che i diritti televisivi finiscono sempre più spesso a soggetti che non sono tv, bensì distributori di servizi di altro tipo. Basta che non si butti tutto dalla finestra. Nel 2022 cade il trentennale della Champions League. Questa è storia, non si può cancellarla d’un colpo. Men che mai dicendo in giro che lo fai per il bene degli altri. Il problema è che i 3,5 miliardi di introiti vengono distribuiti lungo tutto l’albero del calcio. Li avessimo dati ai grandi club non ci sarebbero stati problemi".

Si aspettava che la Superlega naufragasse così rapidamente?

"Mi sono stupito di più quando ho visto in che modo la stavano lanciando. Aspettavo una conferenza stampa a Parigi o Londra con tutti e dodici i presidenti, un marchio degno di questo nome, il racconto di un progetto. Non certo un annuncio a notte inoltrata".

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Quindi, che cos’hanno combinato?

"Hanno sbagliato i calcoli. Sono stati travolti dalla reazione di tifosi, politici, calciatori e allenatori. Il lato positivo è che adesso non ci troveremo più la Superlega agitata davanti a ogni tavolo. Ciò suggerisce una riflessione amara".

Cioè?

"Questi grandi club che fanno la storia, che vincono tanto nel loro Paese e all’estero, che sono i più seguiti, a chi sono in mano? Viene da chiederselo, guardando i bilanci e vedendo che cosa è successo negli ultimi giorni".

Sorpreso dalla sollevazione dei tifosi?

"Proprio no. Guardi che questa Superlega non sarebbe mica stata così interessante. Quando puoi perdere senza che succeda niente viene meno l’intero senso dello sport. Il calcio non sarebbe granché senza serate come quella di Roma-Barcellona".

Che cosa succede adesso?

"Ho letto che il presidente dell’Uefa è contento così. Io non ho nulla contro Agnelli né contro gli altri. Qualche riga però andrà tirata. Doveva essere la terza guerra mondiale nel calcio, è accaduto solo che qualcuno ha dato fuoco a casa sua. Una gestione a dir poco dilettantesca. Cadono le braccia a pensare che club tanto grandi siano in queste mani".

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