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Castellacci: “Protocollo FIGC fatto senza consultare chi avrà responsabilità penale. E in Cina…”

Le parole del presidente Nazionale dei medici sportivi del calcio

Matteo Pifferi

Enrico Castellacci, presidente nazionale dei medici sportivi del calcio e consulente del Guangzhou Evergrande, ha rilasciato un'intervista a Libero.

Professore, com’è la situazione dell’Evergrande?

«Zero contagi per fortuna. Ho visto la squadra l’ultima volta a marzo a Dubai, in ritiro. Appena tornati in Cina, i giocatori sono finiti tutti in quarantena a casa: andavano i militari a controllare che non uscissero».

Ricomincerà presto il calcio a Pechino?

«In chiave Coronavirus, là sono tre mesi “avanti” rispetto a noi, i grandi club si allenano nei loro centri ma ancora non hanno neppure ipotizzato date. C’è il grande timore di una seconda virulentazione. Ecco perché io sono fra quelli che hanno perplessità sul tornare a giocare: chi come me ha avuto a che fare dei cinesi e il propagarsi del virus la vive con un altro spirito, con ansia».

Ma in Italia si spinge per riprendere, in Figc la commissione scientifica incaricata ha varato le linee guida. Tuttavia, Lamica, la Libera associazione medici italiani del calcio, della quale lei è presidente, non è stata chiamata. La cosa ci stupisce.

«Non è per fare polemica, ma stupisce anche me. Non perché non ci sia Castellacci, ma perché manca l’associazione dei medici che poi saranno responsabili di tutto. Sono loro che conoscono le situazioni, che stanno sul campo. Gli altri colleghi scriveranno delle linee in teoria ineccepibili, ma noi ci domandiamo: potranno essere realizzate?».

Ci spiega?

«Dato che è previsto un maxi ritiro per ogni squadra, serviranno centri sportivi con foresteria; fra giocatori e staff si arriva a 60/70 persone, serviranno altrettante camere; poi le docce differenziate, a meno di non farle in camera; obbligatori saranno gli ambienti sanificati prima e dopo l’allenamento, con personale verosimilmente esterno che dovrà occuparsene e anch’esso sottoposto ai controlli».

Mica semplice.

«Siamo solo all’inizio. Oltre ai test pre-ritiro, ci vorranno controlli a tappeto su tutti. Tamponi ogni 4 giorni, analisi supplementari a chi era risultato positivo e poi guarito per capire se il virus

ha intaccato l’organismo e dare l’idoneità. E tutto ciò chi lo deve fare? Il medico di squadra. E ho un altro dubbio».

Quale?

«Le linee valgono per tutto il mondo professionistico? Ho il timore che la serie C e gran parte della B non abbiano né le strutture né le risorse per sostenere due mesi di questo tipo. E i medici? In C sono part time, campano facendo il loro lavoro e per passione vanno con la squadra. Avete capito che mole di impegno ci sarà dietro? Presuppone che ogni club abbia un medico e magari un’équipe pronti 24 ore su 24. A questi medici viene delegato tutto, anche la responsabilità penale nel caso di contagio su quello che di fatto è un luogo di lavoro. Ci sono già dei colleghi che seguono alcune società di C che mi hanno chiamato: “Ma come facciamo?”».

In poche parole, lei è contrario alla ripartenza.

«L’auspicio alla ripresa ce l’abbiamo tutti, è uno spiraglio di pseudo normalità, nonostante gli ancora 600 morti al giorno. Capisco le esigenze economiche, forse immaginare i campionati scaglionati va in questo senso. Certo che se non dovessero finire la stagione la B e la C, sapete quanti ricorsi? E questo è il lato prosaico, ci sarebbe anche quello etico...

Cioè?

«Come diranno alla gente che saranno fatti tamponi continui ai club quando conosciamo i drammi di quanti hanno lavorato in prima linea, e continuano a farlo, senza avere la possibilità di fare i test?».

E se spunta un contagiato in ritiro?

«Si riparte con la quarantena, immagino. Magari lo stabilirà per decreto la politica».

Va a finire che l’Europeo era più fattibile.

«Hanno fatto bene a cancellarlo,ma paradossalmente, oggi forse potrebbero tornare ad allenarsi proprio le Nazionali: strutture al top, penso a Coverciano, ritiro classico, staff medici ad hoc. Comunque mettiamoci in testa che questo Covid ci accompagnerà a lungo. Il “contagio zero” lo vedo molto complicato»

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