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CorSport: “Inter ha già vinto lo scudetto: troppi motivi per pensare ai playoff”

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Così il quotidiano nell'anno del dominio dell'Inter: "A nove giornate dal termine sappiamo praticamente tutto, chi vince e chi retrocede"

Marco Astori

Tra le pagine dell'edizione odierna del Corriere dello Sport, Alessandro Barbano ha voluto spingere sull'introduzione dei playoff al termine del campionato italiano, proprio nella stagione in cui è l'Inter a dominare la Serie A e non altre squadre: "A nove giornate dal termine sappiamo praticamente tutto. Chi vince lo scudetto? Nessuno scommetterebbe su altri che non fosse l’Inter. Chi retrocede? Dati per spacciati Crotone e Parma, lo spareggio riguarda Cagliari e Torino, poiché già lo Spezia, che è quint’ultima, vanta sulla terz’ultima un rassicurante distacco di sette punti. Chi va in Champions? Qui qualche dubbio c’è, perché Napoli e Lazio sulla carta possono insidiare il quarto posto dell’Atalanta. Il campionato andrà avanti ancora due mesi, ma la suspence è ridotta a queste residue incertezze. La contendibilità del titolo è risolta, e la competitività è in sonno. A spalti chiusi, c’è da chiedersi in che modo questo spettacolo possa essere declinato in diritti televisivi.

Immaginiamo ora che la chiusura della serie A fossero i playoff a sei squadre, con uno spareggio tra la terza e la sesta e tra la quarta e la quinta, semifinali tra le due vincitrici con la prima e con la seconda, e una finale. È facile prevedere che, nelle nove partite che restano, i sette club di vertice compresi tra l’Inter e la Roma darebbero fuoco alle polveri per assicurarsi una delle sei postazioni abilitate a giocarsi lo scudetto. Perfino la caccia al secondo posto avrebbe un appeal tutto suo, perché consentirebbe l’accesso alla semifinale, evitando lo spareggio. Il vantaggio concesso alle prime due classificate valorizzerebbe il merito sportivo fino a quel punto conseguito, lasciando però aperta la possibilità che perfino la sesta classificata si aggiudicasse il titolo. Se la classifica finale cristallizzasse l’attuale equilibrio, gli spareggi riguarderebbero Juventus-Lazio e Atalanta-Napoli, le vincenti delle quali affronterebbero in semifinale Inter e Milan. Sulla carta anche la Lazio potrebbe puntare a vincere il torneo.

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I playoff sarebbero una rivoluzione culturale in cima alla classifica. Dove oggi l’obiettivo della maggior parte delle squadre è un piazzamento Champions, cui si connette il premio Uefa per i club. La contendibilità dello scudetto tra le prime sei ribalterebbe questo paradigma, rilanciando il valore del primato sportivo sul traguardo finanziario.

Le stesse ragioni giustificano i playout in coda. Dove oggi ci sono, tra il Benevento (a quota 30) e la Samp (a quota 36), sei squadre che sentono la salvezza quasi in tasca, e non hanno nessun’altra ambizione per metterci l’anima. Il presidente della Figc Gabriele Gravina ha azzardato nei mesi scorsi l’idea di una riforma dei campionati. Poi le spinte conservative del sistema, l’emergenza della pandemia e la vigilia degli Europei hanno imposto alla sua agenda altre priorità. Ma l’esito del campionato in corso dimostra che i playoff e i playout sono una indifferibile necessità. Pensavamo che bastasse spezzare la lunga egemonia juventina per riaccendere la passione.

La fuga solitaria dell’Inter smentisce questa illusione: Conte potrebbe far suo il titolo con quattro turni d’anticipo. Ma già ora, a nove gare dal termine, la competizione è disarmata. Ci sono troppi motivi per pensare con coraggio di cambiare. Sportivi e finanziari insieme. È vero che le principali Leghe europee sono tutte arroccate nel tradizionale campionato all’italiana. Ma è altrettanto vero che il nostro Paese è stato proprio di recente un laboratorio di futuro con l’introduzione del Var. E non ha certo motivo di pentirsi.

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Scommettere su una maggiore contendibilità del titolo è una leva per alzare quell’asticella dell’agonismo e della qualità tecnica, ribaltando il declino dei nostri club in Europa. Ma più di tutto valgono le ragioni dello spettacolo e della sua fruizione: un prodotto privo di mordente non ha audience e perciò non ha mercato. La transizione che il calcio attraversa, segnata dalla crisi sanitaria e dalla sequenza ravvicinata di Europei e Mondiali, offre una finestra per progettare il futuro. E per ripartire dopo i giochi del Qatar del 2022 con una formula rinnovata. Provare per crederci".

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