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De Zerbi: “Stiamo cercando di lasciare Kiev. Mia famiglia in ansia e mi preoccupo”

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L'allenatore dello Shakhtar è rimasto bloccato in Ucraina dopo lo scoppio della guerra: il suo racconto a Skysport

Eva A. Provenzano

«Siamo in hotel, situazione precipitata da stamattina. Siamo rimasti a Kiev perché fino ad ieri sera il campionato si sarebbe dovuto giocare. Invece così non è stato. Stanotte ci siamo svegliati in malo modo sotto i colpi, le esplosioni. stiamo bene, la situazione è tesa, c'è un po' di preoccupazione e cerchiamo di tenere i contatti con l'ambasciata italiana e quella brasiliana che segue i nostri giocatori».Roberto De Zerbi, a Skysport, ha parlato della sua situazione e di quella dello Shakhtar dopo l'invasione della Russia in Ucraina. L'allenatore italiano ha spiegato perché è rimasto a Kiev e che in questo momento, in cui il campionato è stato sospeso, sta cercando di tornare dalla sua famiglia.

-Decisione tardiva sulla sospensione del campionato? 

L'ambasciata è stata correttissima e tempestiva. Tutt'ora il console ci sta dando grande sostegno e vicinanza. Non era nostra intenzione fare gli eroi. Siamo qui per fare il nostro lavoro, il calcio. Ma ci sono giocatori che hanno già vissuto nel 2014, andando via dal Donbas, ma fino a quando il campionato non veniva sospeso non ci sembrava giusto nei confronti di calciatori e club e giocatori brasiliani che sono rimasti, andare via e abbiamo fatto questa scelta. Che rifarei, ma la situazione è cambiata. Non serve più che stiamo qua perché il calcio è sospeso e stiamo cercando il modo per rientrare a casa. 

-Hai paura?

No. Il timore e le preoccupazioni sono tanti, ma mi preme la mia famiglia a casa che è preoccupata e le famiglie dei miei giocatori, che sono scosse. Mi sono sempre visto come quello che deve tutelarli e proteggerli ma adesso faccio fatica anche io a dire quello che devono fare. 

-Ci racconti tu e il tuo staff come avete vissuto questa notte con le esplosioni? 

Non faccio il politico, non voglio farlo e volevo fare calcio. La mia vita è sempre stata questa e mi limitavo a fare questo. Altre cose guardo ora da cittadino, non più da allenatore. Queste cose colpiscono la gente comune. 

-La telefonata con i giocatori ucraini? 

La cosa brutta è che ci sono due gruppi di giocatori. Gli ucraini sono vittime: noi andiamo via, ma loro restano e sono colpiti in prima persona. Mi tocca tanto. L'altra cosa pesante sono i ragazzini con l'età dei miei figli in balia degli eventi. Adesso vado, devo parlare con i miei giocatori. 

(Fonte: SS24)

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