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Inter, il mental coach Tirelli: “De Vrij emblema della rinascita. C’è un’altra immagine”

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Le parole del mental coach: "Bisognerà capire se ci sarà la capacità di mantenerlo a livello alto anche contro il Sassuolo e per tutte le altre gare"

Marco Astori

Intervenuto ai microfoni di Tuttosport, Stefano Tirelli, mental coach, ha parlato così della reazione dell'Inter nella partita contro il Barcellona.

Professor Stefano Tirelli, cosa è cambiato nella testa dei giocatori dell’Inter prima della partita con il Barcellona?

«Le situazioni in cui si è costretti a far emergere le proprie doti ci spingono a dare il massimo. Per molti calciatori era giunto il momento di dimostrare un valore professionale, agonistico e di attaccamento alla maglia. Probabilmente, ma questo poi è da verificare anche all'interno dello spogliatoio, i giocatori sono anche legati all’allenatore e hanno voluto mettercela tutta per lui. Ma nello specifico, quello che cambia è chiamato “mindset”».

Ci può spiegare qualcosa di più su cosa significa?

«È una programmazione mentale, ossia: fintanto che le nostre situazioni tendono ad andare avanti in modo inerziale senza la nostra specifica vera volontà, vanno avanti. Ma a un certo punto, quando per necessità dobbiamo cambiare, cerebralmente è come se impostassimo un programma dati diverso. Ed effettivamente è così: cambia la nostra idea rispetto a un progetto o una situazione e anche il corpo si modifica in tal senso. Per cui, quando cambio idee, pensieri e azioni il mio corpo reagisce in modo diverso».

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Su qualcuno si è visto in modo particolare?

«Credo che giocatori come De Vrij necessitassero di dimostrare che non erano diventati come si diceva. La sua prova è stata un po’ l’emblema dell’Inter: è stato tra i migliori. Poi non è da sottovalutare il fatto che molti calciatori leggono quello che si dice di loro, per esempio le pagelle. Per cui esce anche un desiderio istintivo di rivalutazione della propria stima e di voler dimostrare il proprio valore. Un altro momento simbolico: quando Lautaro a pochi minuti dalla fine ha difeso la palla in mezzo a tre giocatori, è caduto, si è rialzato e ha tenuto botta. Quella è stata l’immagine di un’Inter davvero combattiva, l’esempio del carattere interista».

Ma questo stato d’animo persisterà fino a sabato, quando i nerazzurri incontreranno il Sassuolo?

«È da capire. Quello che è il livello di attivazione psico-fisico si chiama “arousal”. Bisognerà capire se ci sarà la capacità di mantenerlo a livello alto anche contro il Sassuolo e per tutte le altre gare. Lì si capirà se quello che si è attivato contro il Barcellona è stato un “mindset” in grado di cambiare il corso di tutta la stagione o se è stato un “mindset” passeggero».

Non ci sono quindi certezze su come entreranno in campo i giocatori a Reggio Emilia?

«Il livello di “arousal” va allenato. Altrimenti diventa dipendente dal tipo di contesto. Per esempio, in una partita di Champions, che si gioca in casa, con lo stadio pieno di tifosi che ti spingono, contro una squadra che è di blasone internazionale come il Barcellona, “l’arousal” viene quasi naturale. In un allenamento mentale quello che fa la differenza è mantenere sempre e comunque, indipendentemente dal contesto in cui si sta giocando, il proprio livello di performance alto. Dunque solo con la partita di Sassuolo si potrà capire se la prestazione dell’Inter è stata contingente rispetto a un evento che ha un’attivazione che arriva quasi di per sé, oppure se davvero è cambiato qualcosa a livello di atteggiamento più profondo e predisposizione alle prossime partite, che indipendentemente dalla squadra che l’Inter affronterà, saranno giocate con il massimo della grinta e della tenacia e della determinazione. Quella che l’Inter ha espresso contro il Barcellona».

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