José Mourinho, allenatore della Roma, si racconta nell’intervista esclusiva rilasciata a Sky Sports: "La chiave del successo rimane la stessa: è tutta una questione di strategia. Non si può prevedere tutto, ma più si è preparati, più si può mettere in allenamento. Si può ridurre l'imprevedibilità e questo dà la sensazione di rendere più facili le scelte e le decisioni. Si sa che le partite di calcio comportano dei rischi, ma bisogna cercare di ridurli preparandosi al meglio". Lo Special One ha poi parlato della sua personale evoluzione: "È la natura di chi vuole rimanere nel calcio per molti anni. Se non sei innamorato del calcio e hai raggiunto tutto quello che c'è da raggiungere nel calcio, smetti e ti godi le tue medaglie. E ti godi la tua vita al di fuori del calcio. Ma se ami il calcio, non vuoi smettere. Bisogna avere le motivazioni nel dna".
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Mourinho: “Rapporto con i giocatori? È come quando vai al ristorante. Ho vinto…”
"Se sono un leader naturale? Non direi. Anzi, da giovane direi che ero un leader silenzioso. Ma il mio lavoro non mi permette di essere un leader silenzioso, come è nella mia natura. Devo essere sempre sotto gli occhi di tutti, devo comunicare continuamente attraverso i media e questo fa una grande differenza", le parole del portoghese. Pensiero sui giovani: "Il giovane del 2000 è diverso dal giovane del 2022. Leadership significa che le persone devono seguirti. E per seguirti, devono credere in te. Di solito credono in te se sentono empatia, se sentono onestà. Nel mio caso personale di leader, questo significa esattamente la responsabilità di non deludere i tuoi collaboratori. Devi essere con loro e per loro, tutto il tempo. Devono fidarsi di te".
Mourinho ha poi risposto così a una domanda in merito al rapporto con i giocatori: "Come quando vai al ristorante e mangi 'à la carte'. Devi conoscerli, sapere tutto di loro. Non bisogna guardarli come se fossero tutti uguali, perché sono tutti diversi". Per concludere, lo Special One ha aggiunto: "Il mio record di vittorie in Inghilterra, Portogallo, Italia e Spagna? Aggiungo che in questi quattro Paesi ho vinto molto, molto presto. Non ho avuto bisogno di stare lì tre, quattro o cinque anni per vincere. È successo subito, nella prima o al massimo nella seconda stagione. Credo che questo sia dovuto al fatto che ho cercato di capire la squadra, ho studiato e ho cercato di trarre il meglio dalle differenze, cercando di mettere in pratica le mie idee ma allo stesso tempo rispettando le culture locali e nel mio caso anche il sentimento e l'approccio locale al gioco".
(Sky Sport)
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