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Pellegrini: “Ciclo Inter, si può. Conte come Trap, Barella il Matthaus italiano”

L'ex presidente nerazzurro commenta la conquista del titolo: "Inevitabile per me rivivere lo scudetto del 1989"

Fabio Alampi

Ernesto Pellegrini, ex presidente dell'Inter, ha raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport le sue sensazioni dopo la conquista dello scudetto: "Ero così tranquillo che ho fatto un pisolino, ma mi sono svegliato in tempo per festeggiare in famiglia, con mia moglie, mia figlia, mio genero e i due nipotini Guglielmo e Ginevra. Il più grande, che ha 5 anni e sogna già di diventare presidente dell'Inter come il nonno, saltellava felice con la maglia nerazzurra sulla quale c'è scritto Guglielmo numero 1".

Meglio festeggiare sul divano o in tribuna?

"L'importante è vincere e così per me è stato inevitabile rivivere il giorno dello scudetto del 1989, anche se non è stata la stessa gioia. Ho visto in tv le feste dei tifosi e per certi versi mi sarebbe piaciuto essere lì con loro, ma non era il caso un po' per la situazione attuale e un po' per l'età. Mi sono accontentato di sentire i clacson delle auto dei tifosi in festa che andavano a San Siro, vicino a casa mia. Abbiamo fatto un bel brindisi in famiglia, stappando una bottiglia di bianco. Bianco fresco, non bianconero".

Quando ha capito che questo era l'anno buono?

"La vittoria della svolta è stata all’andata contro la Juve a San Siro, ma ci sono stati tanti altri segnali favorevoli durante l'anno che mi hanno riportato al campionato del mio scudetto. Ci ho pensato la prima volta dopo l'eliminazione dalla Champions, perché anche nell'autunno del 1988 eravamo stati eliminati dal Bayern in Coppa dei Campioni e poi da lì è incominciata la volata verso lo scudetto".

Quindi non è stata una macchia l'eliminazione dalla Champions?

"Se poi sai che vincerai lo scudetto, no...".

Questo è lo scudetto di...

"Dopo quello del 1989 dissi che era lo scudetto della società, della squadra e dei tifosi. Stavolta i tifosi sono rimasti a casa, il presidente è stato spesso in Cina e quindi questo è lo scudetto di Marotta, Antonello e Conte che sono stati immensi".

Anche Conte, come Trapattoni, veniva dalla Juventus: trova altre analogie tra i due?

"Sì, hanno la stessa voglia di vincere, la stessa ambizione e lo stesso credo calcistico".

Secondo lei quante probabilità ci sono che Conte rimanga?

"Sinceramente non lo so, come non so quale sarà il futuro della società perché il presidente Zhang non si è ancora espresso sui programmi. Il fatto di avere vinto lo scudetto con quattro giornate d'anticipo è un vantaggio anche perché c'è più tempo per chiarire e io mi auguro che si faccia chiarezza a ogni livello in tempi brevi, per i tifosi, per la squadra, per tutti".

Qual è il giocatore simbolo di questo scudetto?

"Faccio due nomi: Lukaku e Lautaro che mi ricordano tanto Serena e Diaz".

Un giocatore che l'ha sorpresa?

"Dico Barella perché è cresciuto molto ed è diventato il miglior centrocampista italiano in assoluto. Matthäus era più potente e vedeva la porta con facilità, ma Barella è sulla buona strada per diventare il Lothar italiano".

L'Inter può aprire un ciclo?

"Sicuramente perché è difficile trovare un difetto in questa squadra. La difesa è già solidissima, perché Handanovic è una sicurezza come Skriniar, De Vrij e Bastoni. Il centrocampo è di qualità e cito anche Sensi, che ha giocato poco ma a me piace. In attacco c'è la coppia più bella del campionato, senza dimenticare Sanchez e quindi è difficile migliorare una squadra così".

Quale grande giocatore sogna per continuare a vincere?

"So che Conte voleva Kantè. Magari i tifosi sognano Mbappé, ma io sono più realista e sogno a occhi aperti, non chiusi. La situazione non consente svolazzi di fantasia".

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