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Serena: “Quest’Inter ha ricordato quella dei record. Ecco dove si può migliorare”

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L'ex attaccante nerazzurro ha trovato similitudini tra le due squadre titolate: "Ma c'è una differenza significativa"
Fabio Alampi Redattore 

L'Inter è campione d'Italia per le ventesima volta nella sua storia. Aldo Serena, ex attaccante nerazzurro, ne ha parlato ai microfoni di Tuttosport: "Il paragone con la squadra dello scudetto del 1989? Non pensavamo alle statistiche. Per noi la molla decisiva è stata l'autostima che cresceva partita dopo partita. Ogni gara aumentava la fiducia in noi stessi e scompariva ogni timore reverenziale nell’affrontare anche avversari quotati. Scendevamo in campo con la convinzione di avere già vinto. Questo è un fattore esaltante. Quando scatta questa sensazione, vai a memoria".

All'Inter di Inzaghi quando è successo?

"Nel filotto di novembre quando, nel giro di quattro giornate, l'Inter ha vinto a Bergamo e Napoli e pareggiato a Torino con la Juventus, lasciandosi definitivamente alle spalle il momento delicato dei passi falsi casalinghi con Sassuolo e Bologna. Dopo il successo di Napoli ogni dubbio è scomparso e la squadra ha cominciato a giocare con automatismi collaudatissimi. Diventa immediata ogni sovrapposizione, evapora ogni insicurezza e scatta una voglia di giocare con una gioia crescente. Ti dimentichi degli avversari e cominci a dominare. Ho visto tutto questo in alcune partenze iniziali dell'Inter: quei primi venti minuti mi hanno davvero ricordato l'Inter dei record".


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All'Inter del Trap quando si è accesa questa scintilla?

"Alla seconda giornata col Pisa a San Siro. Alla fine del primo tempo perdevamo 1-0, gol di Bernazzani. Ma non avevo mai avuto tante occasioni da quando giocavo nell'Inter. All'intervallo il presidente Pellegrini scende negli spogliatoi preoccupatissimo, ma io lo rassicuro: "Stia tranquillo, vinciamo sicuramente". Trapattoni sostituisce Giuseppe Baresi con Matteoli e dilaghiamo 4-1. Ricordiamo sempre questo episodio quando Pellegrini organizza il ritrovo annuale dei giocatori della sua Inter. In quel momento ho capito che eravamo forti e avremmo vinto lo scudetto nonostante avversari fenomenali: il Napoli di Maradona e Careca, il Milan di Sacchi e degli olandesi, la Samp di Vialli e Mancini. Ecco, questa è la differenza più significativa: l'Inter di Inzaghi non ha dovuto battere squadroni simili".

Qual è stata la forza di questa Inter Campione d'Italia?

"Sicuramente la coesione collettiva. Tutti erano disposti a collaborare: effetto della scelta di Inzaghi di utilizzare quasi sempre cinque sostituzioni con spezzoni ampi di partita, dando spazio a tutta la rosa. Così anche chi ha giocato meno ha creato un'atmosfera positiva. Non sono emerse frizioni, anche da parte di chi è stato scavalcato nelle gerarchie, come Dumfries a favore di Darmian. Tutti hanno remato nella stessa direzione. È un gruppo assolutamente paritario con una propensione a un calcio offensivo e moderno".

Chi sono stati i giocatori decisivi?

"Mkhitaryan e Calhanoglu sono stati strepitosi, indispensabili per far girare il pallone molto velocemente e assecondare i movimenti degli attaccanti. Pavard e Bastoni, che salgono moltissimo da difensori centrali, sono stati fondamentali per dominare certe partite chiave continuando ad andare su e giù. Importantissimi anche Dimarco e Barella, oltre a Frattesi per il modo in cui è entrato dalla panchina. Hanno interpretato benissimo una manovra proiettata al raddoppio dopo il gol del vantaggio, con prestanza fisica e forte determinazione. L'unico neo della stagione è stato la mancata rete del 2-0 all'Atletico Madrid a San Siro nell'andata degli ottavi di Champions League, che probabilmente avrebbe chiuso il discorso qualificazione evitando le sorprese che si verificate al ritorno".

Dimarco è diventato fondamentale.

"Pauroso. Sulla fascia sinistra è una furia con un piede educatissimo. Gioca primi tempi spaziali e tiene sullo stesso livello per i primi 15-20 minuti dopo l'intervallo. Poi si accende un po' la spia rossa dopo tante galoppate di qualità".

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C'erano incognite a inizio stagione?

"Il punto di domanda principale era Thuram. Si conoscevano le sue doti, ma era un progetto di campione, conosciuto per il ruolo di esterno capace di dare ampiezza al gioco, meno per le capacità da bomber. Invece, si è calato velocemente nella parte in modo spontaneo: dopo 4-5 partite di assestamento, ha trovato i tempi giusti dentro l'area".

In questa evoluzione quanto ha influito un allenatore ex attaccante?

"Molto, di solito si dice che i grandi allenatori sono ex centrocampisti. Ma nel caso di Simone Inzaghi il discorso è diverso perché è stato un centravanti che non faceva gol da solo. Aveva bisogno delle combinazioni perfette con i centrocampisti. Non faceva ghirigori individuali, ma cercava lo scambio con i tempi giusti con i compagni di quella Lazio fortissima che, alle sue spalle, schierava gente come Stankovic, Veron e Nedved. Confezionavano azioni corali giuste al millesimo. Chi meglio di Simone può insegnarlo ai giocatori? Questo tempismo collettivo si ritrova nell'intesa di Calhanoglu e Mkhtaryan con le punte".

Anche Lautaro è cresciuto.

"Ha contribuito la fascia di capitano che lo fa fatto diventare un punto di riferimento per i compagni sul campo. L'argentino dà sempre l'esempio facendo la cosa giusta come intenzione, in relazione con il resto della squadra. È maturato tantissimo grazie a questa attitudine".

Adesso come può essere migliorata l'Inter per la prossima stagione?

"Sicuramente in attacco: Arnautovic e Sanchez non hanno mai messo davvero in difficoltà Inzaghi nelle sue scelte. L'ingaggio di Taremi, giocatore esperto e con grande esperienza nelle coppe europee, rappresenta un primo passo avanti. Se arrivasse Gudmundsson sarebbe l'ideale per consegnare a Inzaghi una soluzione in più in attacco considerata la sua abilità nel dribbling. E valuterei il ritorno a casa di Valentin Carboni dal Monza che ha dimostrato in questa stagione di essere un talento interessante. A centrocampo Mkhitaryan sta tenendo in modo impressionante, ma ha 35 anni. Non può essere impiegato ancora così tanto. Per questo l'innesto di Zielinski è molto utile".

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