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Wenger: “Mondiale ogni 2 anni, ecco perché. Uno degli obiettivi della riforma…”

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In una lunga intervista al Corriere della Sera, Arsene Wenger spiega qual è il suo obiettivo per migliorare il calcio

Gianni Pampinella

L'obiettivo? Rendere migliore il calcio internazionale. In una lunga intervista al Corriere della Sera, Arsene Wenger sottolinea la necessità di rivoluzionare il calcio, a partire dai Mondiali ogni due anni. "L'obiettivo è rendere migliore il calcio internazionale: più chiaro, più semplice e più significativo, con una riduzione delle qualificazioni e una maggiore attenzione alle grandi competizioni finali. Allo stesso tempo, voglio mantenere l’equilibrio attuale: circa l’80% della stagione per le competizioni per club e il 20% per le competizioni delle Nazionali. Non c’è davvero nulla di rivoluzionario in questo: è semplicemente un modo più moderno di organizzare il calcio".

Cerchi di convincere un suo collega di Premier o di A della bontà del progetto che porta al Mondiale biennale.

«La mia proposta è di raggruppare le qualificazioni in una o due finestre internazionali, invece delle cinque attuali. In questo modo ci sarebbero meno interruzioni e i giocatori rimarrebbero al loro club per quasi tutta la stagione. Come manager di club avrei firmato immediatamente per questa proposta».

Ci provi adesso con un c.t. di una grande Nazionale.

«Se raggruppiamo le qualificazioni in una o due finestre e disputiamo una competizione alla fine di ogni stagione, gli allenatori della Nazionale avrebbero condizioni migliori per lavorare e sviluppare la loro squadra, con un approccio a lungo termine. Ora non è possibile».

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Ha senso fare una riforma senza il pieno consenso di Europa e Sudamerica?

«Uno degli obiettivi della riforma è anche quello di affrontare il crescente divario tra le confederazioni. Molte di loro non hanno l’opportunità di giocare queste partite ad alto livello, quindi non hanno la possibilità di colmare il divario. Con una Coppa del Mondo più frequente daremmo loro più possibilità di partecipare. E uno stimolo a investire nello sviluppo dei giovani».

Il sostegno più inatteso?

«Diverse persone all’inizio erano contrarie, ma alla fine della nostra conversazione hanno visto più vantaggi che lati negativi. Molti giocatori e allenatori che stimo sostengono questa visione. Ed è rassicurante per me».

La battaglia dei calendari dimentica i campionati?

«La mia proposta sarebbe positiva per i campionati, che sono costantemente interrotti dalle partite delle Nazionali».

Il sindacato calciatori come ha reagito alla proposta?

«Ho chiarito con la FifPro che i giocatori sono la mia prima preoccupazione. Quasi tutti i migliori giocano in Europa, quindi per i sudamericani, africani e asiatici, significa dover volare per oltre 300.000 chilometri in quattro anni, per giocare con le Nazionali: un peso enorme, che si ridurrà. Inoltre, dalla mia esperienza e dal dialogo con alcuni grandi giocatori, so che molti preferirebbero disputare più partite importanti, piuttosto che altri incontri meno significativi».

Sono concetti cari anche alla Superlega, non trova?

«C’è una differenza fondamentale: il mio obiettivo non è quello di creare un negozio chiuso ed esclusivo, ma di rendere il calcio più inclusivo, dando più opportunità a tutti i Paesi di tutte le regioni di competere ai massimi livelli. Delle 211 associazioni della Fifa, 133 non hanno mai partecipato a un Mondiale. Se l’organizzassimo in modo più regolare, avrebbero più possibilità di partecipare. Ho letto proposte di riforma per la serie A: alcune idee assomigliano alle mie — meno partite, ma più significative — . Quindi non sono l’unico che sta riflettendo sull’argomento».

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