editoriale

Kondogbia, da gioiellino a fallimento. La triste storia del giornalismo italiano

Oggi ho letto due articoli su Geoffrey Kondogbia. Due articoli calati in due contesti giornalisticamente diversi, con contenuti e intenzioni diametralmente opposte. Il primo è un pezzo dal titolo promettente: “Scarti e falliti di ritorno,...

Sabine Bertagna

Oggi ho letto due articoli su Geoffrey Kondogbia. Due articoli calati in due contesti giornalisticamente diversi, con contenuti e intenzioni diametralmente opposte. Il primo è un pezzo dal titolo promettente: "Scarti e falliti di ritorno, vola basso la Serie A". In che modo abbia trovato posto in questo articolo una giovane promessa come Kondogbia lo scopriamo leggendo poche ma significative righe: "Alla vigilia di Monaco-Juve ci fosse stato uno a dire «occhio a quello lì». E Infatti se ha toccato tre palloni (e scagliato un tiro) nelle due partite di Champions è grasso che cola. Non solo. Nessuno ha notato quanto fallimentare fosse stata la permanenza al Siviglia: cacciato dopo 40 presenze e una sola rete. Lasciamo perdere i giudizi degli editorialisti di Marca sul fallace tocco di palla. Ma, siccome l’ha preso l’Inter è un «fenomeno»." Apprendiamo quindi, oltre ad appurare che l'Inter ha speso tanto per uno "scarsone" (come lo vogliamo chiamare uno che in due partite di CL tocca tre palloni e scaglia un tiro?), che lo stesso "scarsone" venne cacciato dal Siviglia dopo 40 presenze. E venne cacciato così in malo modo che il Monaco fu disposto a pagare la clausola di 20 milioni per averlo. Che assurdità.

L'articolo che bolla Geoffrey come un fallimento è uscito su Il Giornale di oggi. Il quotidiano sembra avere completamente dimenticato di aver tessuto le lodi dello stesso giocatore quando questo era in un'orbita più opportuna come quella del Milan. Grazie a chi come Alessandro Villa sa pescare in rete (trovate tutto sul suo profilo Twitter) scopriamo che poco tempo fa Kondogbia era considerato dai tipi de Il Giornale "un gioiellino deciso a sfondare al centro, simil Pogba anche per stazza fisica." Ma allora era il primo obiettivo di Galliani e del Milan. Appunto.

Tra questo articolo e quello del quale sto per parlarvi c'è un profondo abisso. Hype è il nome delle nuova rubrica del blog calcistico Ultimo Uomo, che dedica la prima puntata proprio a Geoffrey Kondogbia (leggi qui). Il taglio del pezzo è subito piuttosto chiaro "in onore del dio Hype ho passato gli ultimi giorni a guardare partite di Kondogbia (recenti e non) per farmi un’idea il più precisa possibile di che tipo di giocatore si tratta." Cioè quello che stiamo per leggere è un articolo che parla di calcio, di tattica, di caratteristiche tecniche. "Dirò subito che è un talento vero, al di là della possibile etichetta di “acquisto dell’estate” e delle aspettative che si porta dietro, anche se magari è un calciatore più semplice di quello che qualcuno pensa (e i paragoni mai approfonditi con Yaya Touré, Vieira e Pogba non aiutano)." Con queste premesse scopriamo i punti deboli e i punti di forza Di Geoffrey, ne ripercorriamo l'evoluzione, sbirciamo in prospettiva quali saranno i suoi margini di miglioramento. Perché, ci ricorda l'autore dell'articolo, "in fondo, anche se sembra assurdo considerando la maturità del suo gioco, stiamo parlando di un ventiduenne." Già, un ventiduenne. 

Ognuno legge quello che gli pare, non siamo certo noi a dover dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Certo è che a volte l'evidenza supera la fantasia e si assiste a strani fenomeni per i quali non è tanto importante analizzare la realtà, ma adattarla a modelli prestabiliti. Spesso intrisi di becero tifo. L'Inter, con Kondogbia, ha alzato l'asticella degli obiettivi di mercato perché è andata a cercare un giocatore che fosse sì una promessa, ma abbastanza sicura. Chiaramente nel calcio nulla è sicuro. Ma saranno le partite a proferire sentenze, non certo una manciata di righe astiose scritte in maniera lacunosa. Anche la Juve ha scelto questa strada e si è aggiudicata Dybala per 40 milioni. Parliamo quindi in entrambi i casi di cifre grosse (perché il talento ha già avuto modo di trapelare) unite ad una giusta dose di rischio. In ogni caso bollare un ventiduenne come un fallimento è un atto meschino, ma piuttosto comune nel nostro paese. Che non è un paese per giovani (e mai lo è stato). E spesso non è nemmeno un paese per chi fa del giornalismo serio. Purtroppo.

Twitter @SBertagna