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Mourinho: “La mia Inter squadra di eroi, l’addio fu difficile”. Un ritorno? Risponde così

Le parole dello Special One

Marco Astori

Lunga intervista concessa da Jose Mourinho, attuale tecnico del Tottenham, ai microfoni del Sole 24 Ore. Il portoghese è tornato sulla sua meravigliosa avventura all'Inter, cominciando dal momento migliore del suo cammino trionfale: «Senza dubbio, battere il Barcellona con l'Inter per 3 a 1, il 20 aprile 2010. Per i giocatori, per me, per i tifosi, è stato il massimo. Eravamo una squadra di eroi. Abbiamo sudato sangue, ma alla fine abbiamo vinto».

È il decennale del “triplete” raggiunto dalla sua Inter, stagione 2010. Un trionfo memorabile, e un capitolo degno di nota nella storia del calcio europeo.

«Quell'impresa significa ancora tanto per me. L'Inter era la mia casa, la mia famiglia. Massimo Moratti era un amico, il mio presidente. L'impresa del “triplete” è stata fantastica e resta indimenticabile. Dopo la finale di Madrid, se fossi tornato a San Siro per festeggiare con giocatori e tifosi non avrei mai lasciato l'Inter. Dire addio a una famiglia è una cosa molto difficile da affrontare. Dieci anni dopo, continuiamo a essere una famiglia. È stata questa la nostra forza anche sul campo, siamo amici e lo saremo per sempre. La sera in cui abbiamo vinto la Coppa la decisione era già stata presa: non potevo dire no al Real Madrid per la terza volta. Ma mi guardo indietro con grande serenità e orgoglio».

Vittorie, accese rivalità e una personalità che non lascia indifferenti: è riuscito a farsi degli amici nell'ambiente?

«Ma certo. Quando entri in un club, il club diventa famiglia e i legami possono durare nel tempo. Sono ancora amico di molti giocatori e persone dello staff di squadre con cui ho lavorato durante la mia carriera. La mia priorità è sempre stata quella di stabilire relazioni affettive all'interno del gruppo, per creare stabilità. Voglio bene ai miei ragazzi, Marco Materazzi, John Terry… Penso che il nostro legame durerà per sempre, e ne vado fiero».

Tornerà ad allenare da noi?

«Non credo. È una sensazione, ma non penso che nel mio futuro ci sia l'Italia. È anche vero che il mondo del calcio è così imprevedibile, e non si può mai dire mai».

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