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"È una sentenza che crea un precedente (a proposito di precedenti: gli altri casi simili in serie B e Lega Pro avevano sempre portato a condanne) e che probabilmente farà giurisprudenza: anche nello sport, da ieri, condannare senza prove evidenti sarà più difficile. Il Giudice sportivo non se l’è sentita di macchiare in modo indelebile la carriera di Acerbi squalificandolo per una colpa così grave, quella di essersi reso responsabile di un atto di razzismo, senza avere certezze della sua colpevolezza. Con una pena del genere addosso, il calciatore avrebbe perso tutto: Inter, Nazionale, faccia. Una sorta di ergastolo sportivo. Sarebbe stato giusto affibbiarglielo, ovviamente, nel caso in cui ci fossero state le prove. Ma senza queste?".
"In questa storia non ci sono vincitori. Nemmeno Acerbi lo è, benché vicino a lui ci sia chi brinda per la sentenza: questa vicenda gli resterà addosso, nonostante ne sia uscito senza squalifica. Il rischio adesso è che qualcuno percepisca in modo sbagliato l’assoluzione del difensore dell’Inter, che ritenga di poter derubricare un epiteto razzista a una «questione di campo», per usare le parole pronunciate dallo stesso Juan Jesus a caldo, alla fine di Inter-Napoli, quando sembrava che tutto dovesse finire con quel faccia a faccia davanti all’arbitro. No: il razzismo non è, non può essere e non sarà mai una questione di campo, ma di civiltà".
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