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Cds – Allegri-Inzaghi, il lanciatore di giacche contro il bravo ragazzo: le differenze

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Se c’è qualcosa di originale e di inconfondibile nella grande sfida di stasera a Torino, è il filo rosso che accomuna Allegri e Inzaghi
Marco Astori Redattore 

"Se c’è qualcosa di originale e di inconfondibile nella grande sfida di stasera a Torino, è il filo rosso che accomuna Allegri e Inzaghi nell’incrollabile senso pratico, in questo pragmatismo illuminato e riformista che prevede proprio l’idea della difesa antisismica, come fondamento di una costruzione che poi si evolve senza azzardi sconclusionati". Apre così il focus del Corriere dello Sport in vista di Juventus-Inter di questa sera, ponendo a confronto i due allenatori delle due squadre. Si legge: "Non la difesa fine a se stessa, sterile, arida, distruttiva. Piuttosto, una difesa intelligente e astuta, che prima mortifica e logora le velleità del nemico, quindi va a colpire per vie imprevedibili. In modi diversi, certo: la Juve in modo più attendista, l’Inter in modo più reattivo, ma comunque partendo sempre da là, da quella miserabile cifra dei gol subiti che spicca nelle classifiche stagionali. Sono due belle facce della stessa medaglia, Allegri e Inzaghi. Il lanciatore di giacche, non per niente livornese, dunque inesorabilmente stile Vernacoliere, contro il bravo ragazzo bello di Piacenza, comunque altro temperamento infiammabile che magari risparmia sui lanci di vestiario, ma niente risparmia nel settore corde vocali, presentandosi immancabilmente al dopopartita con la voce cavernicola dei mangiafuoco.

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È la storia comune di un Made in Italy laborioso e decoroso. Inzaghi ha resistito all’Inter, alle sue furiose spinte centrifughe che storicamente hanno sbattuto allenatori nei quattro cantoni, ha resistito tirando fuori il meglio proprio nei momenti peggiori, con la panchina rovente sotto il sedere e le valigie già messe sul pianerottolo dalla proprietà, con tanto di tifoseria a frignare di malinconia per i rimpianti dello Special One. Allegri non ne parliamo: c’erano i tempi epici dei Boniperti e degli Avvocati che facevano della Juve la comfort zone, la Sankt Moritz delle panchine, ma ci sono i tempi d’oggi che fanno della Juve un inferno su questa terra, prima con i detriti della geniale gestione doppia A, che non è la pagella di un’agenzia di rating ma Andrea Agnelli, quindi con i finanzieri e i magistrati nei corridoi, infine con l’uragano delle scommesse di Fagioli a rimettere tutto sottosopra.


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Niente, non c’è ciclone che Allegri non sia in grado di caricarsi sulle spalle e di portare fuori, tra l’altro sempre con una tifoseria schizzinosa che fatica a capire come il vento sia girato e imperterrita continua ad atteggiarsi come all’epoca della Juve al caviale. Allegri e Inzaghi, il meglio nel peggio. Questa la cifra comune. Questo sono. Tutti e due al modo di quell’Italia migliore che ancora esiste e sopravvive, sopra la mediocrità, la furbizia, l’opportunismo e la meschinità. A schiena dritta, prendono le sberle della vita e comunque ricominciano ogni volta da capo. Italiani diversi, italiani magari in via di estinzione, comunque italiani che non ci faranno mai vergognare d’essere italiani. Italians do it better: alle volte, anche in panchina. Buttali via, due così", si legge.

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