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Cruz annuncia: “Torno a Milano per i miei figli. Juan come me nel bene e nel male”

L'ex attaccante nerazzurro tornerà in Italia il prossimo anno anche per sostenere le ambizioni dei suoi due figli

Daniele Vitiello

Julio Cruz ha deciso di tornare in Italia. L'ex attaccante dell'Inter lascerà l'Argentina il prossimo anno e si stabilirà a Milano per diversi motivi. Tra questi, come raccontato al Corriere dello Sport, c'è l'impegno di seguire alcuni giovani talenti argentini: «Per ora non è un vero e proprio lavoro, li seguo perché conosco bene sia questi ragazzi che le loro famiglie. Uno di questi è già bravissimo, è un ‘99, Gregorio Tanco, centrale difensivo. Segnati questo nome, di sicuro farà carriera». Ma c'è dell'altro.

Come mai Cruz, perché ha deciso di lasciare l’Argentina? 

«Per più di un motivo. Il primo è legato al desiderio di mia figlia di iscriversi alla Bocconi, il secondo perché in Argentina non riesco a fare quello che voglio, un passo avanti e uno indietro, in pratica sono sempre quello di dieci anni fa. Ora basta, amo il mio Paese, so di lasciare in Argentina un pezzo di cuore, ma il mio domani lo vedo in Italia. Il terzo motivo...».Immaginiamo che sia legato a suo figlio. 

«Ti avevo già detto che il mio sogno era quello di portarlo in Italia, ecco, ora che anche lui lo vuole, ci proverò. Se poi non sarà possibile vorrà dire che cercheremo una squadra in Inghilterra, in Olanda, in Francia».

In Europa, insomma, a tutti i costi. 

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«Sì. Per il momento continuerà a giocare nel Banfield e se non troveremo una soluzione prima della nostra partenza, Juan resterà in Argentina fino a quando per lui non arriverà un’offerta».

È evidente che il Banfield non lo lascerà andare solo perché lei ha deciso di tornare in Italia. 

«Anzi, avrebbe voluto inserire nel contratto una clausola troppo alta, ma io non ho accettato».

Di quanto è la clausola rescissoria? 

«No, non è corretto che te lo dica». 

In Argentina i giornali hanno scritto che sia di 10 milioni di dollari, è vero? 

«Non insistere, anche perché non è tanto questo il discorso».

E il discorso qual è allora? 

«Che devo portare al Banfield una proposta interessante, a quel punto un’intesa la troviamo. Anche perché devi considerare una cosa».

Che cosa? 

«Che mio figlio ha cominciato a fare il calciatore vero solo da tre anni».

 

E questo è clamoroso. 

«Sì, è clamoroso, la verità è che in questi tre anni ha fatto un’esplosione pazzesca. Vi racconto come è andata. Lo avevo portato alla scuola calcio del River Plate, per un paio di anni tutto a posto, poi mi hanno messo di fronte a una scelta: o faceva il calciatore a tempo pieno o studiava. Io e mia moglie abbiamo deciso che prima doveva finire gli studi».

Certo che Juan Manuel avrà fatto festa di fronte a questa vostra scelta. 

«È un ragazzo intelligente, è chiaro che ci sia rimasto male, ma alla fine ha capito quanto sia importante avere un titolo di studio. E devo dire che è stato bravissimo, andando a scuola dalle 9 del mattino alle 17 del pomeriggio».

Poi, una volta chiuso con gli studi, ecco che in ballo è tornato il calcio. 

«Ha fatto un provino, meravigliando tutti. In questi tre anni ha messo su un grande fisico, quasi non lo riconosco. Pensa che avrebbe dovuto esordire in prima squadra nel marzo scorso, poi si è fatto male un centrocampista e l’allenatore ha dovuto fare un’altra scelta. Successivamente quando aveva di nuovo la possibilità di giocare, è scoppiata la pandemia che ha fatto sospendere i campionati. Ora finalmente ha potuto esordire».

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Fino a che punto si può dire di Juan Manuel “tale padre, tale figlio”? 

«Sì, sì, mi assomiglia sia nel bene che nel male».Cosa vuole dire? Perché sia nel bene che nel male? 

«Dai, non è bello che da padre ti parli di Juan come calciatore, come puoi immaginare sono di parte».

Allora parliamo almeno del male... 

«Di testa è come me, non era la mia specialità, e non è la sua specialità, deve crescere in questa giocata».

Già che ci siamo ci dica quali sono anche le qualità che ha preso dal padre. Le crediamo anche se è di parte 

«Sa giocare a calcio, legge bene le varie situazioni, gioca anche per la squadra, poi sa come si deve stare e fare in area di rigore. E come me ha due buoni piedi. O quasi».

Perché quasi? 

«Di destro è forte, forte davvero, di sinistro può e deve migliorare. Calcia bene ma deve calciare ancora meglio. Ti ricordi come ero io, vero?».

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