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Damascelli: “L’Inter è davvero di Conte, degno erede del Trap. Il prossimo step…”

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L'analisi del giornalista: "L’Inter va a vincere, con merito grande, il suo titolo inseguito da dieci anni e definito altrove, proprio dalla squadra di cui Antonio Conte fu capitano"

Marco Astori

Tra le pagine dell'edizione odierna di Tuttosport, Tony Damascelli, giornalista, ha parlato così di Antonio Conte, ormai definitivamente entrato nel cuore dei tifosi dell'Inter: "Era già accaduto con Trapattoni. Ma Gianni non aveva sangue bianconero, il suo passato da calciatore, era milanista, d’accordo sempre un rivale aspro di derby e di scudetti ma nulla a che fare con il protagonista attuale, Lo scudetto nerazzurro del record di punti (58, le vittorie portavano due punti in classifica) estate dell’89, fu confortata dal miglior attacco, miglior difesa e vide la Juventus quarta, staccata di quindici punti.

Il popolo interista non ebbe mai problemi nel rapporto con l’allenatore che, sia ai tempi rossoneri che a quelli bianconeri, mai era entrato in acida polemica con il club di Ernesto Pellegrini.

Oggi si ripete la storia e l’Inter va a vincere, con merito grande, il suo titolo inseguito da dieci anni e definito altrove, proprio dalla squadra di cui Antonio Conte fu capitano, prima, e allenatore dopo, con alcune espressioni non tutte dolci nei confronti della stessa squadra nerazzurra. Ma le chiacchiere e i rancori finiscono al fischio di inizio di una partita e soprattutto nel momento di gloria e di trionfo. L’arrivo di Beppe Marotta ha aggiunto acido ai tifosi juventini ma rappresenta il riassunto di una operazione che è servita all’Inter per recuperare un equilibrio tecnico e una linea politica più retta.

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Conte è allenatore di primissima qualità, la sua idea maniacale del lavoro rappresenta una eccezione tra molti spacciatori di football a parole, l’applicazione continua, negli allenamenti e in partita, ha portato benefici a tutte le squadre allenate dal salentino, il cui carattere, non appoggiato dall’educazione, rappresenta un limite sul quale è inutile soffermarsi. L’Inter è davvero di Conte, tignosa e tenace, abilissima in una soluzione tattica che viene considerata blasfemia dai cosiddetti docenti del nuovo football: dico del contropiede, esaltato dalla potenza e prepotenza fisica di Lukaku, fortissimamente voluto da Conte.

Quello che, ai tempi di Mourinho, veniva chiamato, dai professori di cui sopra, transizione, altro non è che il ribaltamento di una situazione di gioco che, nell’Inter, è un’arma letale. Lo scudetto è il risultato di questa filosofia o mentalità e chi sostiene che la vittoria finale sia figlia della crisi di Juventus e Milan non aveva lo stesso coraggio nel sostenere la stessa tesi in questi nove anni di dominio juventino. Ora Conte è chiamato al passo successivo, una visibilità europea che non ha ancora ottenuto e che lui merita. Dimenticando il passato e, soprattutto, lasciando da parte ogni atteggiamento volto a dimostrare di essere “interista” nell’anima e nel cuore. Sull’almanacco del calcio finiscono i fatti e non l’appartenenza".

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