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Rummenigge: “Superlega? Avrebbe fatto male al calcio. Mio futuro? Ho un progetto”

Getty Images

Le parole dell'ad del Bayern: "Non ha vinto il Bayern e nemmeno Rummenigge, bensì il calcio vero. Quello di cui tutti siamo innamorati"

Marco Astori

Intervenuto ai microfoni di Tuttosport, Karl-Heinz Rummenigge, amministratore delegato del Bayern Monaco, ha parlato così del progetto Superlega, naufragato dopo neanche 72 ore dalla sua nascita: «Non ha vinto il Bayern e nemmeno Rummenigge, bensì il calcio vero. Quello di cui tutti siamo innamorati. Io sono conosciuto per essere un uomo di dialogo e non di guerra. Così il presidente della Uefa, Ceferin, mi ha chiesto di dargli una mano per risolvere i problemi e ripartire dopo giornate difficilissime per il mondo del calcio».

Come ha vissuto l’annuncio della Superlega - da cui il suo Bayern è sempre stato fuori assieme al Psg - e il dietrofront dei dodici club nel giro di 48 ore?

«Ho 65 anni e nella mia vita ne ho viste tante. Non sono stati giorni facili, ma l’importante è che la storia sia chiusa. Quello che è successo dispiace a tutti, anche a chi ha fatto nascere la Superlega. Martedì sera ho sentito Ferran Soriano, l’ad del Manchester City, e oltre a confermarmi la ritirata si è scusato per l’accaduto. Dopo di lui, sono arrivate le scuse di tanti altri club. Si sono sbagliati di grosso, però non è quello che mi interessa ora. L’importante è uscire dalla crisi con intelligenza».

Se avesse una bacchetta magica, cosa farebbe?

«Restituirei felicità, armonia e lealtà a tutto il mondo del pallone immediatamente. Purtroppo non ce l’ho, quindi dovremo lavorare... (risata)».

Da dove pensa di ripartire per ricomporre la crepa tra i “12 club” e il resto del calcio europeo?

«Aspettiamo che le acque si calmino, poi punteremo sul dialogo. Il presidente Ceferin, e io la penso come lui, mi ha ribadito nelle ultime ore che non ha intenzione di chiudere le porte in faccia a nessuno».

Nemmeno ad Andrea Agnelli?

«Non so se la pace tra i due sarà possibile, Ceferin è molto deluso. Detto questo, la Superlega era composta da dodici squadre. Non solo da Agnelli».

Lei è riuscito a parlare con il presidente della Juventus?

«No, ma per mia scelta... Non è il momento di chiamarlo. Non è importante sentirsi velocemente. Meglio far sbollire la cosa. Poi capirò da Andrea le motivazioni che lo hanno portato a comportarsi in quel modo e con il dialogo ne usciremo tutti insieme. Non escludo nulla».

Ha visto Ceferin tanto provato in questi giorni?

«Ha affrontato le difficoltà in modo eccezionale, svolgendo un grande lavoro».

Voi del Bayern e il Psg non siete stati nemmeno tentati dalla Superlega?

«L’atteggiamento del Psg di Nasser Al-Khelaifi è stato esemplare: abbiamo parlato tanto e né noi né loro, finalisti dell’ultima Champions League, volevamo la Superlega. Lunedì ho pensato a una Champions senza quei 12 club e mi faceva impressione: senza di loro, sarebbe mancata moltissima qualità. Ma resto convinto che la Superlega non avrebbe risolto nulla nel calcio, avrebbe fatto soltanto del male. La formula giusta è la nuova Champions, quella che partirà nel 2024, e che lunedì è stata approvata dall’Uefa».

Adesso, dopo tutto questo terremoto, c’è la possibilità che la nuova Champions possa essere anticipata?

«No, per una questione legale e di marketing. Ma il 2024 non è lontano e vedrete che la nuova formula sarà più divertente. Che i gironi attuali siano un po’ noiosi, lo sappiamo tutti: noi del Bayern spesso siamo qualificati dopo 4 gare. In futuro sarà dura anche per le big raggiungere la seconda fase. Sarà tutto più adrenalinico».

La Superlega, oltre a maggiori incassi, avrebbe garantito il posto fisso ai club fondatori. Un posto che la Juventus, dopo nove scudetti consecutivi, quest’anno non è ancora sicura di avere nella prossima Champions.

«Ma con la Super Champions approvata per il 2024, la Juventus probabilmente sarebbe ripescata per una questione di ranking anche arrivando quinta. In Germania si è discusso molto di questa novità, io resto molto indeciso. Sono stato un giocatore e per me la qualificazione è sacra».

Ha sentito che Guardiola ha citato il caso dell’infortunio di Lewandowski con la Polonia per sottolineare come si stia facendo giocare troppo i calciatori anche con le Nazionali?

«Quello che è successo a Robert fa parte del calcio. Lo so che con Lewandowski probabilmente avremmo avuto più chance nei quarti di Champions contro il Psg, però io ho giocato nel Bayern, nell’Inter e nella Germania. Tenevo tantissimo alla Nazionale e so che è così anche per i calciatori di adesso. La solidarietà tra big, medio-piccole e Nazionali fa parte del calcio. Deve esserci maggior feeling tra tutti. Dobbiamo proteggere sempre di più le favole come quella dell’Ajax e dell’Atalanta».

In Italia, e non solo, c’è chi la immagina presidente Uefa in futuro: è possibile o impossibile?

«Impossibile. Mi basta l’impegno nell’Esecutivo. Ho 65 anni, 5 figli e 6 nipoti... Ho in mente una pausa nella mia vita. E poi io sono un uomo da club, non da federazioni o istituzioni. I progetti non mi mancano per il futuro: ne ho uno molto bello anche con alcuni amici italiani».

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